CITOGENETICA DI ALCUNI TUMORI EMATOLOGICI
(Tesi di laurea di Cecilia Surace)



1. INTRODUZIONE

vedi anche Tumor Cytogenetics

1.1 PROLIFERAZIONE CELLULARE E NEOPLASIE

Le cellule di un organismo multicellulare collaborano a vantaggio dell'intero organismo. Tuttavia, se una cellula ha una mutazione che le conferisce un vantaggio riproduttivo, sarà la fondatrice di un clone di numerose cellule che potranno prendere il controllo dell'organismo senza che ciò venga impedito dai meccanismi di controllo superiore che si sono evoluti a vantaggio dell'intero organismo. Il tumore è il risultato naturale di questa selezione fra cellule somatiche. Nel corso dell'evoluzione, tuttavia, gli esseri viventi hanno evoluto molti e sofisticati livelli di controllo per cui si ha la manifestazione del tumore solo dopo che siano andati persi più controlli indipendenti.
La trasformazione di una cellula normale in una cellula di un tumore maligno richiede una media di sei o sette mutazioni successive in quella stessa cellula. Con i tipici tassi di mutazione di 10-6 per gene per cellula è estremamente improbabile che una stessa cellula subisca così tante mutazioni, tuttavia esistono due meccanismi generali che possono rendere più probabile tale progressione: alcune mutazioni aumentano la proliferazione cellulare, creando una popolazione espansa di cellule bersaglio per la mutazione successiva; altre mutazioni intaccano la stabilità dell'intero genoma, facendo aumentare il tasso complessivo di mutazione.
Studi recenti hanno identificato tre gruppi di geni che risultano frequentemente mutati nelle neoplasie: gli oncogeni, i geni soppressori di tumori (TS), i geni mutatori.
Gli oncogeni sono geni la cui azione promuove positivamente la proliferazione cellulare. Le versioni normalmente non mutate sono propriamente chiamate proto-oncogeni. Le versioni mutate sono attive in modo eccessivo o improprio. Un singolo allele mutante può influenzare il fenotipo dell'intera cellula, cioè le mutazioni che si verificano sono dominanti. Questo implica che si abbia il segnale di proliferazione cellulare, promosso dagli oncogeni, anche in assenza di uno stimolo esterno (per esempio una ferita) o interno (trasmesso da un fattore di crescita). In altri casi il segnale di proliferazione cellulare si ha in presenza di un stimolo, però sono alterati i meccanismi di spegnimento del segnale.
Da molti anni si sa che negli animali alcune forme di leucemia, di linfomi e di altri tumori sono causate da virus. E' diventato chiaro ben presto che gli oncogeni virali sono delle forme trasdotte e mutate dei proto-oncogeni cellulari. Attualmente si conosce il ruolo di molti proto-oncogeni cellulari. E' possibile distinguere cinque classi principali:


L'attivazione dei proto-oncogeni implica l'acquisizione di una funzione. Questa può essere: a) quantitativa, quando si verifica un aumento nella produzione di un prodotto non modificato; b) qualitativa, quando si ha la produzione di un prodotto leggermente modificato in seguito ad una mutazione o alla formazione di un nuovo prodotto da un gene chimerico formato in seguito ad un riarrangiamento cromosomico. L'attivazione di alcuni proto-oncogeni può avvenire in seguito ad amplificazione, cioè molte cellule cancerose contengono più copie di proto-oncogeni strutturalmente normali. Centinaia di copie sovrannumerarie possono essere presenti o come piccoli cromosomi indipendenti (double minutes) o come inserzione nei cromosomi normali (HSRs - homogeneously staining regions). Alcuni proto-oncogeni sono attivati da mutazioni puntiformi, invece l'attivazione di altri proto-oncogeni è causata da traslocazioni cromosomiche. Tipicamente le cellule tumorali hanno cariotipi grossolanamente alterati, con diversi cromosomi in più o in meno, molte traslocazioni, ecc. La maggior parte di questi cambiamenti sono casuali e riflettono una generica instabilità del genoma, che è una componente normale della carcinogenesi. E' stato fatto un grosso sforzo di ricerca per individuare i cambiamenti tumore-specifici che si sovrappongono ai cambiamenti più casuali. Finora sono stati riconosciuti più di 150 punti di rottura tumore-specifici (Mitelman et al., 1991) che hanno rivelato un importante meccanismo comune nella tumorigenesi.
Un'altra classe di geni che risultano mutati nelle neoplasie è costituita dai geni soppressori di tumore (TS) o oncosoppressori che codificano per prodotti che inibiscono la proliferazione cellulare. Le versioni mutanti che si trovano nelle cellule tumorali hanno perso la loro funzione. Per cambiare il comportamento di una cellula devono essere inattivati entrambi gli alleli di un gene TS, perciò le mutazioni che si verificano a carico di tali geni sono mutazioni recessive. Infatti, è sufficiente che sia funzionante una sola delle due copie alleliche di un gene TS affinché siano presenti , anche se a bassa concentrazione, le molecole prodotte da esso e possano svolgere l'azione inibitoria. Uno studio profetico di Knudson (1971) arrivava alla conclusione che fossero necessarie due mutazioni successive, cioè due stadi, per trasformare una cellula normale in una cellula tumorale. In seguito un brillante studio di Cavenee et al. (1983), sulla forma familiare del retinoblastoma, ha dimostrato l'ipotesi di Knudson e ha stabilito il paradigma per tutti i successivi studi sui geni TS.
La terza classe di geni coinvolti nei tumori è formata dai geni mutatori i quali sono responsabili del mantenimento dell'integrità del genoma e della fedeltà nel trasferimento dell'informazione; la perdita di funzione di entrambi gli alleli espone la cellula a commettere errori nella replicazione o nella riparazione del DNA. Tra i vari possibili errori vi possono essere le mutazioni di oncogeni e geni TS. A differenza dei proto-oncogeni e dei geni TS, che sono direttamente coinvolti nel controllo del ciclo cellulare, i geni mutatori che comunemente risultano mutati nelle cellule cancerose, non fanno parte di questo circuito. Si sa da tempo che le cellule cancerose presentano un'instabilità genetica generalizzata. Le cellule tumorali solitamente hanno cariotipi anomali, con molte delezioni, acquisizioni e riarrangiamenti di cromosomi, solo alcuni dei quali sembrano connessi in modo causale con il cancro. I geni responsabili dell'instabilità cromosomica sono in fase di studio e due patologie, il carcinoma del colon e l'atassia telangectasia, hanno fornito alcune importanti indicazioni in proposito.
Le cellule cancerose hanno delle caratteristiche fenotipiche particolari fra cui la perdita dell'inibizione da contatto: mentre le cellule normali cessano di moltiplicarsi quando hanno raggiunto la confluenza, le cellule trasformate continuano a dividersi, impilandosi una sull'altra. Inoltre le cellule cancerose, a differenza delle cellule normali (tranne quelle emopoietiche che crescono in sospensione) che hanno bisogno di aderire sulla superficie di un supporto solido per poter crescere e dividersi, sono spesso capaci di crescere in sospensione. Contrariamente alle cellule normali, le cellule trasformate sono indipendenti dai fattori di crescita perché sono capaci di secernere nel medium i propri fattori di crescita. Infine le cellule cancerose sono immortali, cioè sono capaci di dividersi all'infinito a differenza delle cellule normali che sono capaci di dividersi un numero limitato di volte.

1.2 LA PISTA CITOGENETICA: CROMOSOMI E TUMORI

Le anomalie cromosomiche fanno parte della descrizione classica del fenotipo citologico delle cellule tumorali. Nondimeno tali anomalie inizialmente erano sembrate troppo varie per localizzazione e per natura (aneuploidie, inversioni, traslocazioni...) per poter essere classificate. Lo sviluppo delle tecniche di citogenetica fine, con la possibilità di migliorare la risoluzione passando dalle 800 bande classiche dei cromosomi metafasici a 3000 bande sui cromosomi profasici, ha permesso di riconoscere la specificità di alcuni rimaneggiamenti non casuali. I progressi simultanei della biologia molecolare hanno permesso di realizzare il ricongiungimento tra l'approccio citogenetico e l'approccio molecolare. Questo successo è stato riportato essenzialmente nel campo delle emopatie maligne, poiché le cellule ematiche si prestano molto meglio delle cellule dei tumori solidi all'esplorazione citogenetica

1.3 ELEMENTI FIGURATI DEL SANGUE

Il sangue è formato da elementi figurati (eritrociti o globuli rossi, leucociti o globuli bianchi, trombociti o piastrine) e da una sostanza intercellulare liquida detta plasma. Esso circola in un sistema di canali chiusi, spinto da un organo propulsore, il cuore ed ha un pH pari a 7.4. In un adulto del peso di 70 Kg il volume del sangue circolante è circa 5-6 litri. Di questi il 55% è costituito da plasma ed il 45% da elementi figurati.
Le cellule del sangue hanno una durata di vita definita, generalmente breve, e vengono continuamente sostituite da elementi giovani che si differenziano, a partire da cellule staminali totipotenti, in organi emopoietici; questi comprendono il sacco vitellino, il fegato e il midollo osseo nell'embrione e nel feto e il midollo osseo nell'adulto. Al termine del loro ciclo vitale gli elementi figurati vengono distrutti all'interno di organi emocateretici, principalmente nella milza.
Il sangue svolge numerose ed importanti funzioni grazie alla presenza di cellule dotate di caratteristiche specifiche: gli eritrociti, i leucociti e le piastrine.
Gli eritrociti sono gli elementi incaricati del trasporto dell'ossigeno e dell'anidride carbonica poiché contengono moltissime molecole di emoglobina. Negli strisci di sangue colorati con le comuni miscele usate in ematologia (May-Grunwald-Giemsa, Wright) gli eritrociti si presentano di colore rosa più o meno intenso, in quanto l'emoglobina assume il colorante acido eosina. Nell'uomo e in tutti gli altri mammiferi gli eritrociti sono privi di nucleo e di tutti gli organuli citoplasmatici ed hanno la forma di una lente biconcava. Tutto ciò contribuisce ad aumentare il volume disponibile per le molecole di emoglobina. Gli eritrociti appena immessi in circolo dal midollo osseo presentano ancora i ribosomi che continuano a sintetizzare molecole di emoglobina nonostante la cellula sia priva del nucleo. Se questi giovani eritrociti si colorano con il colorante Brillant-Cresil-Blu, si evidenzia all'interno di essi un esile reticolo formato da piccoli granuli azzurri uniti da sottili filamenti. Tale sostanza granulo-filamentosa deriva da un processo di aggregazione dei ribosomi residui ed ha lo stesso significato della presenza di punteggiature basofile dovute alla persistenza di RNA ribosomiale.
Il secondo gruppo di cellule presenti nel sangue è rappresentato dai leucociti, i quali sono incaricati della difesa dell'organismo che si esplica attraverso due meccanismi: aspecifico, che consiste nella fagocitosi da parte dei leucociti, e specifico, che riguarda la risposta immunitaria legata ai linfociti B e T che sono dei leucociti particolari. I leucociti si distinguono in leucociti polimorfonucleati o cellule mieloidi (granulociti neutrofili, eosinofili e basofili) e cellule mononucleate (monociti e linfociti).
I leucociti polimorfonucleati sono chiamati anche granulociti per la presenza nel citoplasma di granuli che mostrano affinità per coloranti neutri, acidi (per esempio l'eosina) o basici. I granuli sono lisosomi che contengono vari enzimi ad azione antibatterica. Invece, il nome polimorfonucleati deriva dalla presenza nel nucleo di lobature multiple unite da tralci di cromatina. Effettuano una difesa aspecifica mediante fagocitosi ed hanno perso la capacità di dividersi perché sono cellule altamente differenziate. Sulla membrana dei granulociti ci sono dei recettori in grado di unirsi a svariati complessi molecolari (antigeni legati ad anticorpi).
I leucociti mononucleati sono cellule capaci di differenziarsi ulteriormente e di dividersi nel momento in cui vengono stimolate. Fanno parte di questo gruppo i monociti ed i linfociti. I primi vengono immessi dal midollo osseo nel torrente circolatorio, ove permangono per 24-36 ore, per poi migrare nel tessuto connettivo dove diventano macrofagi. Essi giungono nel focolaio infiammatorio più tardi rispetto ai granulociti. I secondi, cioè i linfociti, sono cellule che popolano sia il sangue che la linfa. Il nucleo occupa quasi tutto il corpo cellulare lasciando solo un piccolo alone di citoplasma intorno. I linfociti si distinguono in linfociti B, che presiedono alla risposta immunitaria mediata da anticorpi ed originano dal midollo per poi trasferirsi nei linfonodi, e linfociti T, che presiedono alla risposta immunitaria mediata da cellule ed originano dal timo per poi trasferirsi nei linfonodi.
Un altro gruppo di cellule importanti per lo svolgimento delle funzioni del sangue è costituito dalle piastrine. Esse sono specializzate in particolari funzioni facenti parte di quell'insieme di processi che impediscono la perdita di sangue in caso di lesioni vasali. Le piastrine sono prive di nucleo, incolori, dotate di numerosi organuli citoplasmatici e provviste di una membrana plasmatica che, invaginandosi nel citoplasma, forma un sistema di canalicoli. Esternamente la membrana è ricoperta da uno strato formato, oltre che da mucopolisaccaridi, da lipoproteine costituenti i fattori piastrinici e plasmatici della coagulazione.
La linfa è un liquido alcalino che circola nei vasi linfatici. La velocità di scorrimento della linfa nei vasi è molto bassa ed è sostenuta dalla contrazione delle masse muscolari. La linfa origina, per la confluenza del liquido intercellulare, alla periferia degli organi e dei tessuti, in capillari linfatici, dalle parete molto sottile e che originano a fondo cieco. L'entrata del liquido è regolata dai gradienti di pressione oncotica ed osmotica. I capillari linfatici confluiscono fra di loro e formano vasi linfatici di dimensioni maggiori. Lungo il decorso di questi ultimi sono intercalati i linfonodi, attraverso i quali avviene la filtrazione della linfa. Alla fine i vasi linfatici convogliano la linfa proveniente da tutto l'organismo in un condotto unico, detto dotto toracico, attraverso il quale essa viene immessa nel torrente circolatorio venoso.
La linfa è formata da una porzione liquida e da una parte corpuscolata. Nella prima sono disciolti O2, CO2, sostanze organiche (proteine, lipidi) prodotte dal catabolismo dei tessuti. Invece la componente corpuscolata è costituita dai linfociti che sono leucociti mononucleati. Nel circolare all'interno dei linfonodi, la linfa si arricchisce sempre più di linfociti che, attraverso il dotto toracico, sono riversati nel torrente circolatorio.
Il tessuto linfoide è una varietà di connettivo e costituisce gli organi linfoidi. Essi si suddividono in organi linfoidi primari o centrali, quali timo e midollo, e organi linfoidi secondari o periferici, quali milza e linfonodi. Nei primi hanno luogo tutte le tappe differenziative che, a partire da cellule staminali già orientate verso la linea linfoide, portano alla produzione di linfociti maturi: linfociti T, che vengono generati dal timo, e linfociti B, che vengono generati nel midollo. Gli organi linfoidi secondari, invece, vengono colonizzati da linfociti maturi generati negli organi linfoidi primari che svolgono le loro funzioni negli organi linfoidi secondari.

1.4 LE EMOPATIE MALIGNE

Le emopatie maligne possono essere classificate sulla base del decorso clinico (leucemie croniche e leucemie acute); considerando il sito primario in cui originano (leucemie, le quali originano nel midollo e invadono il sangue periferico, e linfomi, che originano nei linfonodi e si estendono nel midollo e nel sangue); esaminando il tipo di clone cellulare coinvolto inizialmente (cellule linfoidi B o T e cellule mieloidi). In quest'ultimo tipo di classificazione le emopatie maligne che coinvolgono le cellule mieloidi sono ulteriormente suddivise in:
sindromi mieloproliferative
sindromi mielodisplastiche
leucemie mieloidi acute o leucemie acute non linfoblastiche (ANLL)

1.5 SINDROMI MIELOPROLIFERATIVE CRONICHE

Le sindromi mieloproliferative consistono nella proliferazione, cioè nella presenza di anomalie quantitative, delle cellule mieloidi. La leucemia mieloide cronica (CML), osservata per la prima volta da Bennett, Craigie e Virchow nel 1845, è il disordine mieloproliferativo più studiato derivato dalla trasformazione neoplastica della cellula staminale pluripotente e caratterizzato da una prevalente iperplasia della linea granulocitaria. La CML è stata la prima malattia dell'uomo in cui una specifica anomalia del cariotipo, il cromosoma Philadelphia (Ph), è stata associata alla generazione della leucemia.
La CML ha un'incidenza che va da 1 a 2 casi per 100.000 persone per anno e rappresenta il 15% delle leucemie negli adulti. Infatti l'età media dei pazienti colpiti dalla CML è compresa fra i 45 e i 55 anni. E' una malattia contrassegnata da una alterazione citogenetica e molecolare (cromosoma Philadelphia - gene di fusione BCR-ABL) e da un decorso caratterizzato in una fase iniziale (fase cronica) da una elevata granulocitosi periferica, cioè da un incremento di granulociti nel sangue, e da un'espansione del compartimento mieloide con un midollo ipercellulare ricco di elementi differenziati, e nella fase terminale (crisi blastica) da un incremento marcato di elementi blastici, cioè di elementi indifferenziati, senza tendenza alla differenziazione e con manifestazioni simili a quelle delle leucemie acute. Nel 95% dei casi di CML è stata dimostrata la presenza del cromosoma Philadelphia derivato dalla traslocazione reciproca tra braccio lungo del cromosoma 9 e il braccio lungo del cromosoma 22 t(9;22)(q34;q11). Questa traslocazione porta sia alla formazione di un cromosoma 22 di dimensioni ridotte, denominato Philadelphia (città dove fu descritto per la prima volta nel 1961), e sia, a livello molecolare, alla formazione di un nuovo gene. Tale gene deriva dalla fusione di un proto-oncogene cellulare denominato cABL (in quanto è omologo all'oncogene virale che produce la leucemia di Abelson nel topo), normalmente sito a livello della banda q34 del cromosoma 9, con le sequenze geniche situate in un segmento del braccio lungo del cromosoma 22 (q11), denominato appunto Break-point Cluster Region (BCR) poiché in tale punto avvengono le maggiori rotture cromosomiche. Per effetto della rottura del segmento BCR, la porzione 5' del gene BCR viene a giustapporsi in corrispondenza delle sequenze di DNA traslocate del proto-oncogene c-ABL, producendo alla fine un gene chimerico BCR-ABL a livello del cromosoma 22 Ph (Fig. 1).

Fig. 1 Traslocazione cromosomica 9-22.

 

Il gene ABL codifica per una tirosina-chinasi con una debole attività enzimatica, che non funziona da recettore della membrana plasmatica, con un peso molecolare di 145 kilodalton (p145). E' costituito da 12 esoni, si estende su un segmento lungo 230 kilobasi ed è orientato con l'estremità 5' più vicina al centromero e l'estremità 3' più vicina al telomero (Fig. 2). La trascrizione di questo gene viene effettuata con un meccanismo di splicing alternativo per cui possono essere prodotti due mRNA di 6 o 7 kb che possiedono rispettivamente l'esone 1a o l'esone 1b e che hanno in comune tutti gli altri esoni numerati da 2 a 11. L'esone 1b dista circa 200kb dall'estremità 5' dell'esone 1a. La p145 codificata da entrambi i messaggeri contiene:
uno dei due domini N-terminali codificati alternativamente dagli esoni 1a o 1b;
il dominio SH3 (SH sta per SRC homology e indica l'omologia esistente con il proto-oncogene cellulare cSRC corrispondente all'oncogene virale vSRC che determina il sarcoma di Rous) il quale ha una funzione regolatoria poiché lega la binding protein BP1 al fine di inibire l'attivazione della regione SH1 situata più a valle della stessa proteina;
il dominio SH2 che ha una affinità elevata verso il primo esone di BCR;
il dominio SH1 che possiede un'attività di auto-fosforilazione su un residuo di tirosina in posizione 412;
il dominio di localizzazione nucleare il quale è in grado di legarsi al DNA nucleare, ma non durante la mitosi;
il dominio di legame all'actina del citoscheletro;
il dominio C-terminale.
Quando la regione N-terminale della proteina è codificata dall'esone 1a, la proteina si localizza nel nucleo, mentre quando è codificata dall'esone 1b, il residuo di glicina situato all'estremità si lega ad una molecola di acido miristico, che ha caratteristiche idrofobiche, e ciò permette alla proteina di ancorarsi alla membrana plasmatica (Fig.3)

Fig. 2 Struttura del gene ABL.

Fig. 3 Struttura della proteina codificata dal gene ABL.

Il gene BCR si estende in una regione lunga 130 kb situata sul cromosoma 22, orientata con l'estremità 5' più vicina al centromero e l'estremità 3' più vicina al telomero (Fig. 4). E' costituito da 23 esoni ed è trascritto in due mRNA lunghi 4.5 kb e 7 kb che apparentemente codificano per la stessa proteina citoplasmatica di 160 kilodalton (p160) con un'attività serina/treonina chinasica e avente un ruolo nella trasduzione dei segnali cellulari. Essa possiede diversi domini:
il dominio N-terminale;
il dominio con l'attività serina/treonina chinasica;
i siti di binding SH2;
il dominio di scambio GTP/GDP;
il dominio C-terminale che funziona come una proteina che attiva le GTPasi (GAP) per la p21rac (Fig. 5).

Fig. 4 Struttura del gene BCR.

Fig. 5 Struttura della proteina codificata dal gene BCR.

Il cromosoma Ph contiene l'estremità 5' di BCR e l'estremità 3' di ABL, i quali formano il gene ibrido BCR-ABL che viene trascritto in un mRNA chimerico poiché i due geni vengono a giustapporsi nella stessa fase di lettura. Solitamente il punto di rottura all'interno di ABL è situato a livello dell'esone 2, perciò il segmento genico di ABL che va dall'esone 2 all'esone 11 è traslocato nella regione M-bcr (major breakpoint cluster region) del gene BCR compresa fra gli esoni 12 e 16 (altrimenti denominati b1-b5). Il gene di fusione è trascritto in un mRNA di 8.5kb ed è tradotto in una proteina di 210 kilodalton (p210). Questa proteina anomala ha una notevole attività tirosin-chinasica ed ha una localizzazione citoplasmatica diversamente dalla proteina codificata da ABL. E' noto che le tirosin-chinasi sono enzimi spesso coinvolti in attività recettoriali di membrana o di trasporto di messaggi intracellulari e quindi è ipotizzabile che un'iperattività enzimatica della tirosin-chinasi possa indurre una disregolazione della proliferazione cellulare. L'accresciuta attività tirosin-chinasica di p210 e dovuta al fatto che il gene chimerico che la codifica è formato solo da una parte di ABL a partire dal dominio SH2, pertanto viene a mancare il dominio SH3 presente nel gene ABL intero, che lega la binding protein BP1, la quale ha la funzione di inibire l'attività tirosin-chinasica del dominio SH1. La conseguenza di ciò è l'iperattivazione di SH1. Nel 50% degli adulti e nell'80% dei bambini con una leucemia linfoblastica acuta (ALL) Ph positiva e in alcuni casi di CML, il punto di rottura sul cromosoma 22 cade a monte della regione M-bcr all'interno di un segmento chiamato m-bcr (minor breakpoint cluster region). Il trascritto di fusione che si forma è più piccolo del precedente e viene tradotto in una proteina di 190 kilodalton (p190) (Fig. 6). Un terzo punto di rottura nel gene BCR è stato identificato a valle della regione M-bcr in un segmento denominato m-bcr. Il nuovo trascritto chimerico è tradotto in una proteina del peso molecolare di 230 kilodalton (p230). La proteina BCR-ABL induce l'oncogenesi stimolando la proliferazione cellulare, inibendo l'apoptosi e provocando anomalie nell'adesività delle cellule, cioè viene ridotta l'aderenza delle cellule allo stroma del midollo osseo e questo causa una proliferazione non più regolata dei progenitori delle cellule leucemiche che facilita il rilascio di questi elementi immaturi nel sangue.

Fig. 6 Schema dei geni ABL e BCR e le conseguenze genetiche della t(9;22), in relazione alla localizzazione del punto di rottura nel gene BCR.

E' stato evidenziato a bassissimi livelli il trascritto di fusione BCR-ABL anche in cellule di individui sani (Melo, 1996). Un'interessante interpretazione di questa osservazione è che BCR-ABL, e probabilmente anche altri geni di fusione, si formano continuamente nelle cellule normali presenti nel midollo e nel sangue, ma soltanto se si verifica la fusione dei geni BCR e ABL nella stessa fase di lettura e nella cellula staminale che dà origine alla linea mieloide, si ha la formazione di un clone di cellule aventi un vantaggio selettivo rispetto alle altre.
Oltre alla presenza del gene di fusione BCR-ABL, che è stato caratterizzato in maniera approfondita, la traslocazione t(9;22) comporta la formazione del gene di fusione reciproco ABL-BCR situato sul derivativo del cromosoma 9. Questo gene è espresso approssimativamente in 2/3 dei pazienti affetti da CML ed il trascritto di fusione comprende uno dei due esoni alternativi di ABL (1a o 1b), solitamente l'esone 1b, e gli esoni b3 o b4 di BCR. Il prodotto di questo gene di fusione potrebbe essere coinvolto nell'alterazione dell'organizzazione del citoscheletro.
Sono state descritte alterazioni cromosomiche in aggiunta alla presenza del cromosoma Ph soprattutto nella fase finale della CML (fase blastica), quali il secondo cromosoma Ph, la trisomia 8, l'isocromosoma del 17q o altre alterazioni a carico dei cromosomi 1, 3 ,19, 20 e 21 (Faderl et al., 1999).
Per la diagnosi della CML sono indispensabili lo studio citogenetico e la valutazione molecolare. Infatti il cromosoma Ph è evidenziabile mediante l'analisi citogenetica classica nel 95% dei casi di CML, mentre, attraverso l'utilizzo della metodologia RT-PCR (Reverse Transcriptase Polimerase Chain Reaction), che ha largamente sostituito la tecnica del Northern blot, è possibile evidenziare nel 99% dei casi il gene chimerico che si forma sul cromosoma Ph, anche se questo non è immediatamente visibile. La FISH (Fluorescence In Situ Hybridization) permette di valutare i nuclei Ph positivi sia in metafase che in interfase ed è applicabile a campioni di sangue periferico o di midollo. Questa tecnica mostra una notevole sensibilità e specificità soprattutto nei pazienti che, in seguito alle cure mediche, mostrano un numero minore di cellule Ph positive (Cuneo et al., 1998). A livello del DNA genomico è possibile evidenziare l'effetto della traslocazione dimostrando il riarrangiamento di BCR mediante Southern blot. Infine, la proteina chimerica codificata dal gene di fusione BCR-ABL può essere evidenziata mediante immunoprecipitazione utilizzando anticorpi diretti contro l'estremità N-terminale di BCR o contro l'estremità C-terminale di ABL.

1.6 SINDROMI MIELODISPLASTICHE

Le sindromi mielodisplastiche (MDS) si riferiscono ad una estesa varietà di disordini clonali acquisiti dalla cellula staminale pluripotente, contrassegnati da disemopoiesi midollare e citopenia periferica, cioè riduzione del numero di cellule mieloidi differenziate nel sangue. L'emopoiesi clonale è influenzata dalla presenza di citochine nel microambiente che possono stimolare i progenitori midollari, dando luogo a iperplasia del midollo e causando un incremento dei blasti rilasciati in circolo, e possono indurre apoptosi nella progenie differenziantesi, con conseguente citopenia. Negli anni passati varie designazioni hanno caratterizzato questo gruppo eterogeneo di malattie, sottolineando prevalentemente ora l'aspetto dell'anemia, ora piuttosto la possibilità di evoluzione leucemica del clone e quindi la condizione di fatto di "sindrome preleucemica". Nel complesso, le differenti designazioni possono essere considerate soltanto come descrittive, in quanto la storia naturale di queste manifestazioni riconosce fasi cliniche sovrapponibili, tutte dominate dal quadro di una emopoiesi inefficace.
Il quadro della mielodisplasia può essere primitivo, cioè senza l'identificazione di alcuna causa significativa, oppure secondario all'esposizione a fattori citotossici (solventi organici, pesticidi, radiazioni ionizzanti, ecc.). La MDS primaria è generalmente una malattia dell'età adulta, che si manifesta in circa 1 persona su 500 oltre i 60 anni. Meno del 10% di queste forme può occorrere in età giovanile. La MDS secondaria tende invece a manifestarsi nella maggior parte dei casi in età relativamente giovanile.
Nel 30-70% dei pazienti con MDS sono dimostrabili alterazioni cromosomiche di tipo clonale. Le principali aberrazioni sono in larga parte simili a quelle delle leucemie mieloidi acute. Le MDS primarie tendono a presentarsi prevalentemente con anomalie cromosomiche singole, che possono tuttavia accompagnarsi, nel decorso della malattia, ad anomalie addizionali, spesso in rapporto ad una evoluzione leucemica. In contrasto le anomali cromosomiche delle MDS secondarie tendono ad essere multiple sin dall'inizio. Esse presentano anche cospicue anomalie del cariotipo, con frequenti variazioni di piccola entità da cellula a cellula, cosicché raramente una metafase presenta un corredo cromosomico identico ad un'altra. Nell'ampio spettro di aberrazioni cromosomiche che sono osservabili nel corso delle MDS, meritano una particolare attenzione la sindrome da 5q- e la monosomia del 7 (Mecucci et al., 1999).
La delezione delle braccia lunghe del cromosoma 5 è stata dimostrata in molti casi di MDS. Questa manifestazione interviene soprattutto nelle persone anziane di sesso femminile. L'anomalia cromosomica 5q- è il risultato di delezioni interstiziali di lunghezza variabile. L'estensione dei segmenti deleti è compresa fra la banda 5q11 e la banda 5q35. In questa regione si trovano numerosi geni coinvolti nella proliferazione e nella differenziazione del sistema ematopoietico tra cui i geni per le interleuchine (IL-3, IL-4, IL-5, IL-9 e la subunità g di IL-12), il gene CSF1R (colony stimulating factor 1 receptor), il gene EGR1 (early growth response 1), il gene IRF1 (interferon regulatory factor 1). Si è riscontrata l'esistenza di un segmento deleto comune situato a livello della banda 5q31 che include il gene oncosoppressore IRF1, importante dal punto di vista dei rimaneggiamenti a livello molecolare coinvolto precocemente nella differenziazione della linea cellulare mieloide. Inoltre, sono stati evidenziati riarrangiamenti cromosomici più complessi in cui si ha la perdita di materiale del 5q. Fra questi vi sono: la traslocazione non bilanciata t(5;17)(q11;p11), in cui viene perso materiale del 5q e la traslocazione criptica t(5;11) evidenziabile solo attraverso la FISH e non mediante la citogenetica classica.
La monosomia del cromosoma 7 si verifica soprattutto nei bambini (Hasle et al., 1999) come unica alterazione, mentre negli adulti è accompagnata da riarrangiamenti multipli del cariotipo. Inoltre, è stata dimostrata anche la frequente delezione di segmenti del 7q, che coinvolgono punti di rottura critici localizzati nelle regioni 7q22 e 7q32.
Accanto a queste alterazioni più comuni ne sono state evidenziate altre strutturali e numeriche fra cui la delezione del cromosoma Y; la trisomia del cromosoma 8 che, come tutte le alterazioni numeriche, può essere facilmente evidenziata con la FISH su cellule in interfase indipendentemente dalla presenza di cellule in divisione; l'inversione pericentrica del cromosoma 16 inv(16)(p13;q22) che coinvolge i geni CBFB (core binding factor b), situato nella regione q22, e MYH11 (myosin heavy chain), localizzato nel segmento p13. Il trascritto di fusione CBFB-MYH11 interferisce con la differenziazione dei progenitori ematopoietici fino a causare mielodisplasia a livello del midollo.

1.7 LEUCEMIE MIELOIDI ACUTE

Le leucemie mieloidi acute originano da una o più alterazioni genetiche che coinvolgono la cellula staminale emopoietica e sono caratterizzate da un'elevata proliferazione e differenziazione della stessa e delle linee cellulari derivanti: mieloide (granulocitaria e monocitaria), eritroide, megacariocitaria. Le cellule leucemiche, cioè i blasti alterati, si accumulano abnormemente nel midollo osseo determinando un disturbo o una soppressione della differenziazione e proliferazione delle normali cellule emopoietiche. Successivamente i blasti alterati invadono il sangue periferico infiltrando i diversi organi. L'incidenza delle AML è pari a circa 3,5 casi per 100.000 abitanti per anno. Le AML si possono presentare a qualunque età , ma la frequenza con cui si manifestano aumenta all'aumentare dell'età; infatti le AML costituiscono quasi la totalità delle leucemie acute dell'anziano.
Le AML sono classificate come leucemie acute de novo quando insorgono come prima malattia, o leucemie acute secondarie quando insorgono in pazienti con pregressa esposizione a sostanze chimiche, farmaci, radiazioni o precedenti emopatie. In alcuni casi riportati in letteratura (Thalhammer-Scherrer et al., 1999) è stata dimostrata l'insorgenza dell'AML in seguito a trapianti di rene, polmoni o fegato. La PT-AML (post transplantation AML) si sviluppa mediamente dopo 5 anni dal trapianto come significativa complicazione conseguente alla terapia immunosoppressiva, e mostra le alterazioni molecolari tipiche delle leucemie acute secondarie.
Inoltre, le AML sono suddivise in gruppi in base a criteri morfologici (colorazioni diverse assunte dalle cellule di ciascun gruppo), citochimici (evidenza di attività enzimatiche), immunofenotipici (evidenza di marker di superficie e citoplasmatici specifici mediante impiego di anticorpi monoclonali) e citogenetici (dimostrazione di specifiche traslocazioni cromosomiche). Secondo lo schema FAB (French-American-British) le AML sono classificate in 8 varianti secondo uno schema che utilizza principalmente criteri morfologici e citochimici:
M0: blasti indifferenziati
M1: blasti mieloidi senza segni di maturazione
M2: blasti mieloidi con segni di maturazione
M3: promielociti leucemici
M4: blasti con maturazione granulocitaria e blasti monocitari
M5: monoblasti e monociti
M6: eritroblasti leucemici e mieloblasti
M7: blasti megacariocitari
Le anomalie cromosomiche più significative nella AML sono: la traslocazione t(15;17)(q22;q21); l'inversione inv(16)(p13;q22) e la traslocazione t(16;16)(p13;q22); la traslocazione t(8;21)(q22;q22); la traslocazione t(9;22)(q34;q11); le anomalie che coinvolgono il cromosoma 11q23; la delezione del cromosoma 5 o del 5q, la delezione del cromosoma 7 o del 7q e riarrangiamenti più complessi nel caso delle leucemie acute secondarie.

1.7.1 TRASLOCAZIONE t(15;17)(q22;q21)

La traslocazione t(15;17)(q22;q21) è associata clinicamente alla leucemia acuta promielocitica (APL), che è una AML di tipo M3 secondo la classificazione FAB. Questa leucemia è caratterizzata dall'espansione clonale di cellule staminali emopoietiche, che restano bloccate allo stadio di differenziazione di promielociti (Rowley et al.,1977). La traslocazione risulta nella fusione del gene PML (promyelocytic leukemia gene), localizzato sul cromosoma 15q22, con il gene RARA (retinoic acid receptor a) situato sul cromosoma 17q21. Il prodotto codificato dal gene PML è una proteina nucleare, la quale contiene alcuni domini zinc- fingers e leucine zipper che le consentono di legarsi al DNA, e funziona da fattore di trascrizione (Kakizuka et al., 1991; De The et al., 1991). Al contrario il gene RARA codifica per il recettore nucleare dell'acido retinoico che è in grado di legare specifiche sequenze di DNA, possiede un dominio di dimerizzazione ed ha un ruolo nei processi di crescita e differenziazione cellulare.
Il punto di rottura all'interno di PML, che è costituito da 9 esoni, è situato in una regione compresa tra l'introne 3 e l'esone 7a, invece il punto di rottura all'interno di RARA è costantemente localizzato nell'introne 2. Il prodotto di fusione 5'PML-RARA3' codificato dal derivativo del cromosoma 15 è espresso in tutti i casi, mentre il prodotto di fusione reciproco 5'RARA-PML3', codificato dal derivativo del cromosoma 17, è presente solo nel 70% dei casi di APL. La proteina chimerica codificata dal gene 5'PML-RARA3' è un abnorme recettore dell'acido retinoico con un effetto dominante sul ruolo svolto dal gene normale RARA, antagonizzando così il processo di differenziazione. Infatti, poiché la proteina RARA normale funziona come dimero, è sufficiente che i monomeri alterati prodotti dal gene di fusione PML-RARA dimerizzino con i monomeri prodotti dalla copia normale del gene RARA perché si formi un recettore dell'acido retinoico alterato. Tale proteina chimerica contiene i domini di legame al DNA e di legame all'acido retinoico di RARA insieme ai domini di legame al DNA di PML.
Non sempre è possibile evidenziare le t(15;17) attraverso l'analisi del cariotipo perchè talvolta si tratta di traslocazioni criptiche, tuttavia l'utilizzo della FISH e della RT-PCR permette di superare questa difficoltà.

1.7.2 INVERSIONE inv(16)(p13;q22) E TRASLOCAZIONE t(16;16)(p13;q22)

L'inversione e la traslocazione del cromosoma 16 si presentano con una frequenza elevata nelle AML de novo, soprattutto in quelle di tipo M4Eo che sono leucemie acute mielomonocitiche con componente eosinofila. In entrambi i riarrangiamenti sono coinvolti i geni MYH11 (myosin heavy chain) situato sul cromosoma 16p13 e CBFB (core binding factor b) situato sul cromosoma 16q22 (Liu et al., 1993).
La proteina codificata dal gene MYH11 ha un peso molecolare di 214 kilodalton e possiede all'estremità N-terminale un dominio responsabile del legame con l'actina e l'attività ATPasica coinvolta nella contrazione muscolare, e all'estremità C-terminale un dominio che facilita l'aggregazione dei filamenti di miosina poiché la proteina agisce formando degli etero-esameri. Infatti, una molecola di miosina è un esamero costituito da due catene pesanti e da quattro catene leggere: le due catene pesanti si avvolgono con una struttura ad a-elica e costituiscono la parte lineare della molecola dalla quale sporgono due porzioni globulari, ciascuna delle quali è formata da due catene leggere. L'espressione del gene MYH11 è limitata al tessuto muscolare liscio.
Il gene CBFB è costituito da 6 esoni e si estende per 50 kb. La proteina codificata ha un peso molecolare di 22 kilodalton ed è localizzata nel citoplasma, quando si trova in forma monomerica. In realtà, la proteina CBF funzionante è un eterodimero costituito dalle subunità CBFA e CBFB. Sono noti tre geni denominati CBFA, dei quali il gene CBFA2, altrimenti chiamato AML1, situato sul cromosoma 21, è coinvolto nella traslocazione t(8;21)(q22;q22) (Myoshi et al., 1991) caratteristica di alcune AML. La proteina CBF è un fattore di trascrizione eterodimerico capace di legare gli enhancer di geni specifici delle cellule T e delle cellule mieloidi, regolandone così l'espressione: la subunità CBFA è in grado di legarsi al DNA, mentre la subunità CBFB agisce stabilizzando l'interazione di tutto l'eterodimero con il DNA.
L'inversione del 16 comporta la formazione di un gene di fusione 5'CBFB-MYH113'. Un unico punto di rottura è stato identificato all'interno del quinto introne del gene CBFB, mentre il gene MYH11 mostra quattro differenti punti di rottura alternativi. Sono stati descritti almeno otto differenti trascritti di fusione CBFB-MYH11, mentre non è stata dimostrata l'esistenza del trascritto del gene di fusione reciproco MYH11-CBFB.

1.8 DISORDINI LINFOPROLIFERATIVI

Le emopatie maligne, come detto in precedenza, possono essere classificate, in base al tipo di clone interessato inizialmente, in emopatie che coinvolgono le cellule della linea mieloide ed emopatie che coinvolgono le cellule della linea linfoide. Le prime sono state trattate nei precedenti paragrafi, mentre, per quanto riguarda le seconde, esse possono essere ulteriormente raggruppate in base al fenotipo immunologico e alle peculiarità morfologiche dei singoli elementi cellulari linfoidi. Tra tutti i linfomi meritano una particolare attenzione i linfomi non Hodgkin (NHL) e le leucemie linfoblastiche acute (ALL).

1.9 LINFOMI NON HODGKIN

I linfomi non Hodgkin rappresentano un eterogeneo gruppo di neoplasie maligne di derivazione linfocitaria, il cui quadro clinico appare, nella maggior parte dei casi, contraddistinto dal coinvolgimento dell'apparato linfoghiandolare. In realtà, i linfomi non Hodgkin comprendono quadri patologici differenti per caratteristiche istopatologiche, immunofenotipiche e genotipiche a seconda delle proprietà biologiche e citologiche del clone cellulare coinvolto. E' stato ipotizzato un ruolo patogenetico di agenti infettivi, radiazioni ionizzanti e UV, sostanze tossiche, presenza di uno stato di immunodeficit. Infatti, si è riscontrato un incremento di linfomi soprattutto nelle persone affette dalla sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS) e nelle persone sottoposte a trapianto che assumono farmaci immunosoppressivi per evitare la crisi di rigetto.
Gli studi citogenetici hanno rilevato una serie di aberrazioni cromosomiche ricorrenti nei linfomi non Hodgkin. Alcune di queste aberrazioni, quali la t(14;18), la t(8;14) e la t(3;22) rappresentano le cosiddette anomalie primarie, in quanto sono comunemente rinvenute come singola aberrazione. La preferenziale associazione di queste anomalie con determinati quadri istologici è molto significativa e pone la questione di come alcune traslocazioni specifiche possono essere correlate a quadri ben definiti dell'architettura istologica del processo neoplastico.

1.9.1 TRASLOCAZIONE t(14;18)(q32;q21)

La traslocazione t(14;18)(q32;q21) coinvolge il gene BCL2 (B-cell lymphoma 2) ed il gene IGH (immunoglobulin heavy chain) e rappresenta la traslocazione cromosomica più comune nei linfomi non Hodgkin delle cellule B, soprattutto nel linfoma centrofollicolare e nel linfoma a grandi cellule B.
Il gene BCL2 è localizzato sul cromosoma 18q21 ed è costituito da 3 esoni che, a seguito di un meccanismo di splicing alternativo, vengono trascritti in due differenti mRNA (Fig. 7). La proteina tradotta ha un peso molecolare di 25 kilodalton e contiene un dominio di omo/etero-dimerizzazione. Infatti, tale proteina oltre a formare degli omodimeri, è in grado di formare eterodimeri con diverse proteine fra cui la proteina BAX, la quale ha una percentuale di similarità con BCL2 del 43%. La proteina BCL2 è localizzata principalmente a livello della membrana mitocondriale grazie alla presenza di una estremità idrofobica che permette l'ancoraggio alla membrana stessa, dove svolge un ruolo importante nei processi antiapoptotici. Il legame competitivo della proteina BAX con la proteina BCL2 modula l'attività di repressione dell'apoptosi svolta da BCL2. Il gene BCL2 è omologo al gene CED9 di Caenorhabdtis elegans, che è uno degli organismi più studiati dal punto di vista genotipico. Sembra che questi geni blocchino il processo apoptotico a cui la cellula va incontro in risposta ad una varietà di stimoli. Infatti, è necessario che si verifichi il rilascio di citocromo c dai mitocondri al citosol affinché vengano attivate una classe di cistein-proteasi, denominate caspasi, coinvolte nella fase effettrice dell'apoptosi e BCL2 interverrebbe a questo livello prevenendo l'efflusso di citocromo c dai mitocondri (Yang et al., 1997; Kluck et al., 1997).

Fig. 7 Struttura del gene BCL2.

La regione del gene IGH coinvolta nella t(14;18) è rappresentata dai segmenti JH (junctional segments of IGH). La particolare organizzazione dei segmenti genici nei raggruppamenti dei geni delle immunoglobuline riflette il modo molto particolare con cui devono verificarsi le ricombinazioni somatiche nei linfociti B e T prima che possano essere assemblati e poi espressi i geni funzionali delle immunoglobuline. Tali ricombinazioni somatiche finiscono con il produrre nei singoli linfociti, differenti combinazioni dei diversi segmenti genici. Conseguentemente, possono essere considerati sia come eventi tessuto-specifici (limitati ai linfociti B e T), sia come eventi cito-specifici di splicing alternativo del DNA (distinto dallo splicing alternativo dell'RNA, che produce combinazioni differenti di esoni a livello dell'RNA). Ne risulta che l'organizzazione genica della linea germinale originaria viene alterata: segmenti genici che si trovano distanti nella linea germinale originaria, vengono montati assieme a livello di DNA. Una molecola della classe delle immmunoglobuline è costituita da quattro catene polipeptidiche, due catene pesanti e due catene leggere. Inoltre, ciascuna catena è formata da una regione costante (C) e da una regione variabile (V), necessaria per legare l'antigene estraneo. Per quanto riguarda le catene pesanti, esistono diverse alternative per la regione costante, che specifica i tessuti in cui l'immunoglobulina verrà espressa. Invece, la regione variabile è costituita da tre diversi segmenti genici: VH (variable segments of IGH); DH (segments of diversity of IGH); JH (junctional segments of IGH).
Nell'ambito della t(14;18) il gene BCL2 viene traslocato sul cromosoma 14 vicino ai segmenti JH del gene IGH. Sebbene i punti di rottura di BCL2 si accumulino soprattutto all'interno della regione MBR (major breakpoint region), che si estende per 150 pb all'estremità 3' non tradotta dell'esone 3 di BCL2 (Cleary et al., 1985), e della regione mcr (minor cluster region), situata 30 kb a valle della precedente regione (Cleary et al., 1986), è noto che alcuni punti di rottura mappano lontano da queste regioni. La traslocazione non determina la formazione di una proteina di fusione in quanto il gene BCL2 continua a produrre la proteina BCL2. Il cambiamento sta nel fatto che il gene BCL2 traslocato sul cromosoma 14 viene sottoposto al controllo regolativo delle sequenze che stimolano la trascrizione delle immunoglobuline (attive nelle cellule B), pertanto esso risulta sovraespresso determinando così una costante inibizione dell'apoptosi e favorendo la proliferazione cellulare.

1.9.2 TRASLOCAZIONE t(8;14)(q24;q32)

Il linfoma di Burkitt è caratterizzato da un'elevata aggressività clinica e dall'associazione con la t(8;14)(q24;q32) o con le varianti t(8;22) o t(2;8), traslocazioni che comportano la fusione di parte dell'oncogene cMYC con i geni per le catene pesanti o leggere delle immunoglobuline. Queste alterazioni genetiche sono rinvenibili nel 43% dei casi di NHL ad alto grado di malignità. In tutti questi casi è stato chiarito che la trascrizione deregolata del proto-oncogene cMYC gioca un ruolo di primaria importanza nel conferire un vantaggio proliferativo a queste cellule neoplastiche, come confermato da esperimenti su topi transgenici.
Nei vertebrati il proto-oncogene cMYC appartiene ad una piccola famiglia genica che comprende anche i geni nMYC e lMYC. Esso è l'omologo cellulare dell'oncogene vMYC appartenente al virus oncogeno MC29 che infetta gli uccelli (la sigla MYC indica proprio questo: avian myelocytomatosis virus). Il gene cMYC è costituito da tre esoni e la sua espressione è regolata principalmente da due promotori distinti denominati P1 e P2. La scelta del promotore dipende dal livello della proteina MYC presente nella cellula: il promotore P2 è il più attivo e controlla la trascrizione di cMYC permettendo la sintesi di un mRNA di 2,25 kb, mentre la trascrizione regolata dal promotore P1 genera un trascritto lungo 2.4 kb (Fig. 8). La maggior parte dell'estremità 5' del primo esone del gene cMYC corrisponde ad una regione non tradotta perciò le due proteine relative ai due mRNA differiscono soltanto per 14
amminoacidi situati all'estremità N-terminale: la traduzione della proteina MYC1 parte in prossimità dell'estremità 3' del primo esone, mentre il sito di inizio della traduzione della proteina MYC2 è localizzato vicino all'estremità 5' del secondo esone.

Fig. 8 Struttura del gene cMYC.

La proteina MYC è localizzata nel nucleo ed è un fattore di trascrizione in grado di attivare la trascrizione soltanto se forma un eterodimero con la proteina MAX, la quale è in grado di formare anche degli omodimeri MAX/MAX che invece inibiscono la trascrizione (Fig. 9). Uno dei bersagli più critici di MYC/MAX è il gene CDC25 che codifica per una fosfatasi in grado di mediare l'attivazione di cicline e chinasi ciclina-dipendenti, cruciali nel garantire il passaggio della cellula dalla fase G2 del ciclo cellulare alla fase M di mitosi, cioè nel controllo della progressione del ciclo cellulare (Galaktionov et al., 1996). Pertanto, cMYC in presenza di fattori di crescita stimola la proliferazione cellulare, invece in assenza di fattori di crescita e in presenza di fattori citotossici promuove l'apoptosi, al contrario del gene BCL2 che favorisce la sopravvivenza della cellula.

Fig. 9 Meccanismo d'azione della proteina MAX.

La traslocazione t(8;14)(q24;q32) porta il gene cMYC vicino agli elementi intensificatori (enhancers) del gene IGH, attivi in maniera costituzionale nei linfociti. La regione q24 del cromosoma 8 che contiene il punto di rottura è localizzata vicino all'estremità 5' dell'esone 2 del gene cMYC, perciò cMYC viene traslocato quasi per intero sul cromosoma 14q32. Pertanto non si forma un gene di fusione, ma l'espressione di cMYC viene incrementata grazie alla vicinanza agli enhancers del gene IGH. La proteina MYC, che viene prodotta in questa situazione, risulta dalla traduzione del secondo e del terzo esone del proto-oncogene cMYC. Essa mantiene intatta la sua capacità di legarsi al DNA e perciò svolge un ruolo importante nella regolazione della crescita cellulare e della differenziazione.

1.10 LEUCEMIE LINFOBLASTICHE ACUTE

Le leucemie linfoblastiche acute (ALL) rappresentano un insieme di disordini clonali neoplastici originanti da progenitori linfoidi nel midollo, nel timo e nei linfonodi. Circa l'80% delle ALL costituiscono proliferazioni maligne di precursori delle cellule B, mentre il 20% comprende quadri derivanti dal coinvolgimento di precursori delle cellule T. L'incidenza delle ALL è elevatissima nei bambini e nei giovani sotto i 15 anni. La classificazione FAB ha distinto tre principali gruppi di ALL in base alle caratteristiche nucleocitoplasmatiche degli elementi leucemici:
L1: è costituita da blasti uniformemente piccoli, con scarso citoplasma e costituisce la forma prevalente nei giovani sotto i 15 anni;
L2: risulta contrassegnata da elementi blastici più grandi, di dimensioni variabili, con contorno irregolare dei nuclei contenenti evidenti nucleoli;
L3: in questa variante i blasti sono generalmente di grandi dimensioni, relativamente omogenei, con citoplasma ricco di vacuoli.
L'analisi citogenetica delle ALL ha rivelato la presenza di aberrazioni cromosomiche clonali nel 90% dei pazienti. Tra queste rivestono una particolare importanza le traslocazioni t(9;22)(q34;q11) e la t(8;14)(q24;q32) perchè sono coinvolte in altre forme di leucemia già descritte in precedenza e sono emblematiche dei due modi in cui può avvenire l'attivazione di un proto-oncogene. Infatti, molti prodotti genici aberranti sono codificati da geni di fusione, in cui gli esoni di geni normalmente distanti vengono ad essere adiacenti e codificano per una nuova proteina chimerica. Meno comune è l'attivazione di proto-oncogeni che avviene attraverso la giustapposizione, ma non la fusione, di un proto-oncogene cellulare con un gene per le immunoglobuline (nelle emopatie maligne delle cellule B) oppure con un gene che codifica per un recettore delle celluleT (nelle emopatie maligne delle cellule T).
La traslocazione t(9;22) nelle ALL si verifica nelle cellule B ed è stata riconosciuta come un distinto sottotipo di leucemia Ph positiva da Propp et al. nel 1970. Essa mostra un punto di rottura nella regione BCR del tutto simile a quello della classica CML nel 50% dei casi, mentre nel rimanente 50% dei casi il punto di rottura nel gene BCR è localizzato più prossimalmente, cioè verso l'estremità 5' del gene, rispetto a quanto avviene nella maggior parte dei casi di CML. Il gene di fusione BCR-ABL così costituito dà luogo ad una proteina di 190 kilodalton diversa da quella che si trova più frequentemente nella CML di 210 kilodalton, consentendo una differenziazione, su base molecolare, delle due forme di leucemia. Invece, per quanto riguarda i casi in cui la proteina di fusione che si forma è la stessa, esistono altri parametri per discriminare fra CML e ALL: approssimativamente il 10% dei pazienti con ALL Ph positivi hanno una popolazione bimodale di cellule Ph positive e cellule normali, mentre più del 99% dei pazienti con CML nella fase di crisi blastica hanno la totalità di cellule Ph positive. La maggiore differenza tra CML e ALL è lo stadio di differenziazione della cellula bersaglio dell'anomalia cromosomica: la CML insorge nella cellula staminale pluripotente, capace di differenziarsi sia nelle cellule della linea mieloide e sia in quelle della linea linfoide, mentre sembra che la cellula bersaglio per la ALL sia la cellula progenitrice della linea linfoide.
La traslocazione t(8;14)(q24;q32) è stata descritta nel linfoma di Burkitt e nella ALL delle cellule B. I geni MYC ed IGH, coinvolti in entrambe le emopatie, sono orientati sul derivativo del cromosoma 14 in modo che l'estremità 5' di MYC risulta adiacente all'estremità 5' di IGH (orientamento definito "testa a testa"). Anche per la ALL che riguarda i precursori dei linfociti T è stata descritta la traslocazione t(8;14) solo che i punti di rottura si trovano in bande cromosomiche diverse rispetto a quelle coinvolte nella ALL delle cellule B. Infatti, la t(8;14)(q24;q11) causa la giustapposizione del gene cMYC con uno dei geni che codificano per il recettore delle cellule T (TCR) determinando una sovraespressione del gene cMYC.

 

2. PARTE SPERIMENTALE

2.1 SCOPO DELLA RICERCA

Gli studi degli ultimi anni hanno chiarito il ruolo causale svolto da alcune anomalie citogenetiche coinvolte nell'insorgenza di leucemie e linfomi. Pertanto, riuscire ad evidenziare queste anomalie ricorrenti (traslocazioni, delezioni, inversioni, aneuploidie, ecc.) è di grande aiuto nel formulare una diagnosi corretta e, conseguentemente, nell'aggiungere informazioni importanti per la prognosi. Inoltre, tutto ciò fornisce indicazioni utili sulla struttura molecolare dei geni implicati in queste anomalie.
I campioni che si hanno a disposizione per effettuare indagini citogenetiche sono prelievi di midollo o di sangue periferico, che generalmente presentano uno scarso numero di cellule in metafase. Ciò si verifica poichè le cellule prelevate dai pazienti e messe in coltura, non vengono stimolate a dividersi con fitoemoagglutinina al fine di avere un quadro della reale situazione che si ha in vivo (in cui le cellule neoplastiche in divisione sono poche, soprattutto nei pazienti sottoposti a trattamenti chemioterapici), senza introdurre potenziali fattori di selezione di un clone rispetto ad un altro. L'uso della FISH con sonde appropriate per l'analisi delle cellule in interfase rappresenta un potente strumento per superare questo ostacolo (Le Beau et al., 1993).
Lo scopo di questo lavoro di tesi è stato quello di effettuare degli screenings di libraries di PAC e BAC per trovare delle sonde, clonate in questi vettori, specifiche per i geni coinvolti nelle anomalie cromosomiche di alcune forme di leucemia e di linfoma. L'utilizzo di queste sonde, insieme ad altre sonde già disponibili nel nostro laboratorio (sonde specifiche per le sequenze alfoidi dei centromeri, sonde specifiche per interi cromosomi o per estese regioni di essi, sonde specifiche per bande cromosomiche), ci ha permesso di analizzare, mediante FISH, casi di pazienti affetti da leucemie e linfomi, evidenziando le anomalie cromosomiche alla base di queste emopatie maligne e ci ha permesso di effettuare indagini statistiche sulle cellule dei pazienti per seguire l'evoluzione dell'emopatia.

2.2 SCREENINGS DI LIBRARIES DI PAC E BAC

Al fine di trovare sonde specifiche per i geni coinvolti nella CML, nelle AML che presentano l'inversione della regione pericentromerica del cromosoma 16, nel linfoma di Burkitt e nei NHL con t(14;18), sono stati effettuati degli screenings di libraries genomiche umane di PAC e BAC, che ci sono state fornite dalla dott.ssa Mita Mancini dello YAC SCREENING CENTRE di Milano.
La library di PAC RPCI-5 utilizzata per gli screenings è stata costruita isolando il DNA di cellule ematiche di un donatore anonimo maschio. Questo DNA è stato parzialmente digerito con l'enzima di restrizione MboI, clonato all'interno del vettore pCYPAC2 e utilizzato per trasformare cellule batteriche rese competenti. pCYPAC2 è un vettore circolare lungo 18.754 pb e presenta un gene per la resistenza all'antibiotico kanamicina che permette di distinguere, in un terreno di coltura contenente la kanamicina, le cellule trasformate da quelle non trasformate che sono sensibili all'antibiotico. Come tutti i vettori PAC (cromosoma artificiale del fago P1) può contenere inserti di dimensioni pari a 130-150 kb.
La library di BAC RPCI-11 è stata costruita a partire dal DNA contenuto nelle cellule ematiche di un donatore maschio. Questo DNA è stato parzialmente digerito con una combinazione di due enzimi, EcoRI ed EcoRI-metilasi, ed i frammenti ottenuti sono stati clonati all'interno del vettore pBACe3.6 nei siti EcoRI e, successivamente, utilizzati per trasformare cellule batteriche rese competenti. Il vettore pBACe3.6, contiene un gene per la resistenza all'antibiotico cloramfenicolo, che permette di selezionare, in un terreno di coltura contenente questo antibiotico, le cellule trasformate rispetto a quelle che non contengono il plasmide e che sono sensibili al cloramfenicolo. Come in altri vettori BAC (cromosomi artificiali batterici) le dimensioni dell'inserto possono arrivare fino a 300 kb.
Ciascuna delle libraries di PAC e BAC utilizzate contiene una quantità di DNA umano corrispondente a sei genomi aploidi. I diversi cloni di cellule batteriche, contenenti vettori PAC o BAC che hanno incorporato frammenti differenti del genoma umano, sono denominati in base alla posizione occupata nella piastra di coltura. Infatti, ciascuna piastra è suddivisa in varie caselle da una griglia ed ogni casella, contenente 4 cloni diversi, è individuata da un numero e da una lettera. Le piastre sono indicate da un numero a tre o a quattro cifre e l'insieme di 16 piastre viene indicato da una lettera.
Gli screenings delle libraries sono stati realizzati mediante la tecnica della PCR (polymerase chain reaction) procedendo per livelli successivi. Per ciascuno screening sono state scelte una o più coppie di primers situate nel gene di interesse ed è stata effettuata una prima PCR esplorativa per mettere a punto le condizioni in cui fare avvenire la reazione, amplificando DNA genomico umano. Successivamente, è stato fatto lo screening del pool primario di DNA estratto dai cloni PAC o BAC, costituito dall'insieme del DNA dei cloni contenuti in 384 piastre, riunite a gruppi di 16. Una volta individuati i gruppi di piastre positive, cioè quelle in cui si è amplificato il frammento genico di interesse, siamo passati allo screening dei pools secondari di DNA, ciascuno dei quali è costituito dal DNA di 16 piastre, per discriminare la piastra o le piastre positive all'interno di uno stesso gruppo. Quindi, è stato effettuato lo screening dei pools terziari di DNA, ciascuno dei quali è costituito dal DNA di tutte le righe e di tutte le colonne delle griglie in cui sono suddivise le 16 piastre di un stesso gruppo. Questo serve ad individuare la casella positiva della griglia di una data piastra (Fig. 11). Infine, è stato fatto lo screening finale per trovare il clone positivo tra i 4 cloni individuati dalle stesse coordinate nella griglia. I risultati di tutti gli screenings effettuati con la PCR sono stati controllati su gel di agarosio (Fig. 10).





Fig. 10 Risultati degli screenings primario, secondario e terziario per il gene ABL con la coppia di primers HSBLGR3.1-3.2 (MK, mk = marker pCMVb).

FIG. 11 Schema della strategia degli screening della library.

2.3 PRIMERS

Per individuare delle sonde specifiche per il gene ABL coinvolto nella CML, è stato effettuato lo screening, mediante PCR, di una library di PAC utilizzando lprimers appropriati.
1) Primers 1
Il frammento amplificato da questa coppia di primers ha una lunghezza di 528 pb ed è situato all'interno del primo introne vicino all'esone 1b di ABL.
2) Primers 2
Il frammento amplificato da questa coppia di primers è lungo 414 pb ed è localizzato all'interno del primo introne di ABL.
3) HSBLGR3.1: 5'GTGTGAAGCCCAAACCAAAA3'
HSBLGR 3.2: 5'TCACAGAACGGATCCTCAATAAAG3'
Il prodotto di amplificazione di questa coppia di primers ha una lunghezza di 431 pb ed è situato al confine fra il primo introne e l'esone 1a di ABL. La temperatura di annealing è di 65°C.
4) ABL-F: 5'GGGCGGCCTGAATGAAGAT3'
ABL-R: 5'TCCCGAGGCAGCGTGACT3'
Il frammento amplificato da questa coppia di primers è localizzato all'interno dell'esone 11 di ABL ed è lungo circa 500 pb. La temperatura di annealing è di 57°C.
Per il gene ABL sono state scelte quattro coppie di primers situate in regioni diverse del gene allo scopo di ottenere, al termine degli screenings, dei PAC che, nel loro insieme, potessero coprire interamente ABL e permettessero in tal modo di ottenere sempre lo splitting del segnale, indipendentemente dalla localizzazione del punto di rottura della traslocazione.
La sonda specifica per il gene BCR coinvolto nella CML è stata trovata facendo lo screening, mediante PCR, di una library di BAC e utilizzando la coppia di primers seguente che amplifica un frammento di 500 pb:
BCR-F: 5'GGCGGCGCTCAGGTCCAACT3'
BCR-R: 5'GCCGCCTCCGCAATCCTCAA3'
Per individuare delle sonde in grado di evidenziare il punto di rottura situato sul cromosoma 16 nella regione p13 interna al gene MYH11, coinvolto nell'inversione pericentromerica del cromosoma 16 responsabile di una forma di AML, è stato effettuato uno screening, mediante PCR, di una library di PAC con i seguenti primers:
D16S3060-F: 5'TGAGCCGAGATTGCACCAA3'
D16S3060-R: 5'TGCCACAGGGGATATAAGCC3'
La temperatura di annealing è di 57°C e il frammento amplificato è lungo 194 pb.
Per quanto riguarda il linfoma di Burkitt, è stato fatto lo screening di una library di PAC per trovare una sonda che mappasse all'interno del gene cMYC nella regione 8q24 in cui è localizzato il punto di rottura che interviene nella traslocazione t(8;14). La coppia di primers utilizzata è la seguente:
cMYC-F: 5'GTCCCCGCGGCGATTCCAACC3'
cMYC-R: 5'TACCGCCCCCGTCCAACACTCCT3'
La lunghezza del frammento amplificato è di 523 pb e la temperatura di annealing è di 68°C.
Nel caso della traslocazione t(14;18) coinvolta nell'insorgenza dei NHL, sono stati effettuati degli screenings su una library di PAC per individuare una sonda localizzata nel gene IGH e uno screening su una library di BAC per individuare una sonda che mappasse all'interno di BCL2. A tal fine, sono state usate le seguenti coppie di primers, di cui le coppie 1 e 2 sono relative al gene IGH, mentre la coppia 3 è relativa al gene BCL2:
1) TH1-R: 5'GCCCTCGCTGTTCAC3'
TH1-F: 5'ACATTATTTATCCCCTTCTG3'
La temperatura di annealing e di 45°C.
2) TH2-R: 5'CCTTTTCAGTTTCGGTCAGC3'
TH2-F: 5'GATGCGGGACTGCGTTTTG3'
La temperatura di annealing è di 51°C.
3) TH3-R: 5'TCCGGGCCAGTATGAG3'
TH3-F: 5'ATTGGCCTCTTGTATTTTGT3'
La temperatura di annealing è di 45°C.

2.4 RISULTATI

Gli screenings effettuati ci hanno consentito di individuare alcuni PAC localizzati in regioni diverse di ABL. La prima coppia di primers ci ha permesso di trovare il PAC 1132H12, con la seconda coppia di primers è stato trovato il PAC 913J14, gli screenings effettuati utilizzando la terza coppia di primers ci hanno consentito di individuare il PAC 888H11 (Fig. 12), infine con la quarta coppia di primers sono stati trovati i PAC 835J22,1146L15,1148M22, 837P13, 957E15. Tutti questi PAC sono stati ibridati su vetrini allestiti con metafasi di uomo (HSA) sano, ottenute da linee linfoblastoidi, come controllo negli esperimenti di FISH. Queste ibridazioni ci hanno permesso di verificare che tutti i PAC trovati mappano esclusivamente nella regione q34 del cromosoma 9, tranne i PAC 837P13 e 957E15 che mostrano chimerismo rispettivamente con il cromosoma 3 e con il cromosoma 5.

Fig. 12 Localizzazione delle coppie di primers utilizzate per gli screenings del gene ABL.

 

Gli screenings sulla library di BAC realizzati con la coppia di primers interna al gene BCR ci hanno permesso di individuare il BAC 72M14 che, ibridato con la tecnica della FISH su metafasi di uomo sano, mappa proprio nella regione 22q11 occupata da BCR.
Il risultato degli screenings sulla library di PAC effettuati con i primers situati nella regione 16p13 in cui si trova il gene MYH11 è stato quello di trovare i PAC 1114C15 e 893C15.
Gli screenings sulla library di PAC con i primers interni al gene cMYC localizzato nella regione 8q24 ci hanno portato ad individuare i PAC 944B18 e 968N11.
Le due coppie di primers localizzate nella regione q32 del cromosoma 14 in cui è situato il gene IGH ci hanno permesso di effettuare gli screenings di una library di PAC e di trovare i seguenti cloni PAC: 998D24, 1098L17, 1179A6, 826O13, 829D3, 872M24. Tranne il 998D24, tutti gli altri PAC, ibridati su metafasi di uomo sano negli esperimenti di FISH, oltre a mappare in 14q32, mostrano un segnale anche in 15q11.2 dovuto alla presenza di sequenze paraloghe ai segmenti VH e D contenuti nel gene IGH (Tomlinson et al., 1994).
Infine, gli screenings effettuati sulla library di BAC utilizzando i primers interni al gene BCL2 hanno reso possibile l'individuazione del BAC 248E24.
I PAC e i BAC, diversamente dagli YAC, hanno il vantaggio di non presentare chimerismo, dovuto al coclonaggio di segmenti di DNA molto distanti nel genoma umano e questo perchè le dimensioni dell'inserto contenuto nei PAC e nei BAC sono più piccole rispetto a quelle dell'inserto contenuto negli YAC. D'altra parte i PAC e i BAC presentano il problema della contaminazione interclone causato dalla presenza ravvicinata di più cloni all'interno della stessa piastra. Perciò quando vengono preparati i pools di PAC o BAC che poi ci vengono inviati per gli screenings, si può verificare la contaminazione del DNA di un clone con quello dei cloni adiacenti e questo può portare ad ottenere dei falsi positivi negli screenings.

2.5 YAC

Gli YAC (yeast artificial chromosomes), sono vettori di clonaggio costituiti da centromero, telomeri ed origini di replicazione di lievito e inserti di DNA umano di dimensioni medie di 1 Mb. Essi sono ampiamente utilizzati in citogenetica come sonde specifiche di determinate regioni cromosomiche e per caratterizzare anomalie cromosomiche associate a malattie genetiche o, come nel nostro caso, a trasformazioni neoplastiche. Infatti alcuni YAC, insieme ai PAC ed ai BAC individuati attraverso gli screenings, sono serviti per chiarire la situazione cromosomica di pazienti con traslocazioni multiple o con delezioni.
Gli YAC ci sono stati forniti dalla dott.ssa Mita Mancini dello YAC SCREENING CENTRE di Milano e sono stati scelti in base alla loro posizione di mappa.

2.6 PAINTING LIBRARIES CROMOSOMICHE E SUBCROMOSOMICHE

Le libraries cromosomiche utilizzate vengono costruite partendo da ibridi cellulari uomo-hamster contenenti un solo cromosoma umano. Sottoponendo il DNA dell'ibrido ad amplificazione genica usando come primers le sequenze Alu, specifiche dell'uomo, si amplifica la sola componente umana dell'ibrido. Il prodotto di amplificazione usato come sonda per esperimenti di FISH su metafasi umane, colorerà esclusivamente l'intero cromosoma umano contenuto nell'ibrido.
A causa di riarrangiamenti che avvengono in vitro durante la formazione degli ibridi, questi ultimi possono ritenere, in aggiunta a cromosomi interi, uno o più frammenti cromosomici. Il contenuto cromosomico umano dell'ibrido può essere caratterizzato ibridando prodotti marcati di Alu-PCR dell'ibrido su metafasi umane. Gli ibridi con frammenti cromosomici noti possono essere usati come painting libraries subcromosomiche.
L'abbinamento tra painting libraries cromosomiche e subcromosomiche e YAC, PAC o BAC specifici di una data regione cromosomica, permette di caratterizzare, in maniera fine, riarrangiamenti cromosomici incontrati nella citogenetica dei tumori. L'utilità di questo abbinamento è particolarmente evidente quando la regione cromosomica riarrangiata è talmente piccola da non poter essere identificata tramite i metodi convenzionali di bandeggio. Inoltre, il numero di bande visibili decresce all'aumentare del grado di condensazione dei cromosomi e nelle cellule tumorali questo avviene frequentemente. L'uso combinato delle painting libraries e delle sonde YAC, PAC o BAC può essere realizzato mediante esperimenti di coibridazione in cui le due sonde (quella relativa alla painting library e quella relativa allo YAC, PAC o BAC), marcate per nick translation in con fluorocromi diversi, sono ibridate insieme. Esse potranno essere distinte, in esperimenti di FISH, sullo stesso preparato metafasico utilizzando i filtri specifici per ogni fluorocromo.

2.7 SONDE ALFOIDI

Le sonde alfoidi sono vettori plasmidici che contengono, come inserti, dei frammenti di DNA umano delle regioni centromeriche. L'utilizzo di queste sonde permette di evidenziare facilmente alterazioni numeriche del cariotipo, per esempio monosomie o trisomie. Infatti, marcando per nick translation la sonda alfoide specifica per un dato cromosoma e ibridandola su un preparato di cellule umane, si osserveranno due segnali se le cellule contengono le due copie del cromosoma verso cui la sonda è specifica, oppure si vedranno uno o più segnali nel caso in cui si sia verificata la perdita o l'acquisizione di un dato cromosoma. Il vantaggio di questo tipo di indagine consiste nel fatto che può essere effettuata anche su nuclei in interfase. Inoltre, alcune sonde alfoidi sono state utilizzate anche per evidenziare i cromosomi che si ipotizzava fossero coinvolti in alcuni casi di traslocazioni multiple.

2.8 APPLICAZIONE ALL'ANALISI DI CASI DI CML

Abbiamo analizzato casi diversi di pazienti affetti da CML facendo delle FISH su metafasi e nuclei ed abbiamo notato che le sonde specifiche per ABL, trovate con gli screenings, hanno un comportamento diverso a seconda della posizione del punto di rottura nel gene ABL. In alcuni casi la sonda 1132H12, che riconosce una regione situata all'estremità 5' del primo introne di ABL, cioè quella più centromerica, produce un segnale sul cromosoma 9 normale ed un segnale sul derivativo del 9, invece non produce nessun segnale sul cromosoma Philadelphia. Ciò si verifica perchè la regione riconosciuta dal PAC 1132H12 è situata a monte del punto di rottura, perciò la parte del gene ABL che viene traslocata sul cromosoma Ph, in questo caso, non può essere evidenziata (Fig. 13).

Fig. 13 Ibridazione del PAC 1132H12 su metafase di paziente affetto da CML.
In altri casi il PAC 1332H12 ha permesso di evidenziare il cromosoma 9 normale ed il cromosoma Philadelphia, ma non il derivativo del 9 perchè il punto di rottura interno ad ABL di questi pazienti è localizzato all'estremità 5' del gene, più di quanto non lo sia nei casi precedenti. Pertanto il segmento riconosciuto dalla sonda 1132H12 è situato più a valle del punto di rottura e, quindi, fa parte della porzione di ABL traslocata sul cromosoma Ph.
In altri casi ancora, la stessa sonda 1132H12 ci ha permesso di evidenziare contemporaneamente il cromosoma 9 normale, il cromosoma Philadelphia ed il derivativo del 9, perchè il punto di rottura di ABL, in questi pazienti è localizzato all'interno della regione riconosciuta dalla sonda. La somma delle intensità dei segnali che si vedono sul der(9) e sul Ph è uguale all'intensità del segnale che appare sul 9 normale perchè si tratta dello stesso segmento di ABL che sul cromosoma 9 è intero, mentre sul der(9) e sul Ph è diviso in due.
Per evidenziare la presenza del cromosoma Philadelphia è necessario che il segmento di ABL riconosciuto dalla sonda, sia coincidente con il punto di rottura o sia a valle di esso. Quest'ultima situazione si verifica sempre se utilizziamo come sonda il PAC 835J22 che riconosce una regione interna all'esone 11 di ABL, cioè in prossimità dell'estremità 3' del gene, che è quella più telomerica, la quale viene traslocata interamente sul cromosoma Ph in tutti i pazienti.
L'evidente presenza del Philadelphia può essere riscontrata anche in interfase ibridando il preparato con due sonde marcate diversamente: il PAC 835J22 (marcato con biotina-avidina-Cy3 in rosso) specifico per ABL, ed il BAC 72M14 (marcato con Fluor-X in verde) specifico per BCR. Il primo ci consente di avere un segnale sul cromosoma 9 normale ed un segnale sul cromosoma Ph, mentre il secondo ci dà un segnale sul cromosoma 22 normale ed un segnale sul Ph. La colocalizzazione dei segnali verde e rosso ci permette di evidenziare la presenza del cromosoma Ph (Fig. 14).

Fig.14 Coibridazione del PAC 1132H12 con il BAC 72M14 sul nucleo di paziente affetto da CML.

E' possibile mettere insieme tutte le sonde che riconoscono regioni diverse di ABL per costituire un pool di sonde in grado di riconoscere il gene per tutta la sua lunghezza. In questo modo è garantito che si verifichi lo splitting del segnale che mette in risalto ABL, cioè che siano evidenziate contemporaneamente la porzione di ABL che resta sul der(9) e la porzione che viene traslocata sul Ph qualunque sia il punto di rottura del caso in esame. Quando questo pool di sonde (1132H12 + 835J22), marcate con biotina-avidina-Cy3 (segnali rossi), viene ibridato su nuclei e metafasi di pazienti con CML insieme al BAC 72M14, marcato in Fluor-X (in verde) si osservano cinque segnali: un segnale rosso sul 9 normale, un altro sul der(9), un altro ancora sul cromosoma Ph, un segnale verde sul 22 normale ed un altro sul Ph. In questa situazione sia la colocalizzazione dei segnali rosso e verde sul Ph che lo splitting del segnale rosso, ci permettono di riconoscere un nucleo o una metafase Ph positiva (Fig. 15 e Fig. 16).

Fig. 15 Coibridazione del pool di PAC 1132H12+835J22 con il BAC 72M14 sul nucleo di paziente affetto da CML.

Fig. 16 Coibridazione del pool di PAC 1132H12+835J22 con il BAC 72M14 su metafase e nuclei di paziente affetto da CML.
Le sonde che abbiamo individuato facendo gli screenings delle libraries di PAC e BAC ci sono servite anche per analizzare un caso particolare di CML, in cui si è verificata una traslocazione criptica dell'estremità 3' di ABL vicino a BCR, all'interno del cromosoma 22. In pratica, non si osserva la presenza del cromosoma Ph perchè una parte di ABL si traspone dal cromosoma 9 al cromosoma 22 senza che ci sia trasferimento di materiale dal 22 al 9. Pertanto, le estremità 5' e 3' della regione di ABL traslocata risultano adiacenti a regioni del cromosoma 22 e questo implica che la morfologia dei cromosomi 9 e 22, coinvolti nella traslocazione, non sia sostanzialmente diversa da quella dei rispettivi omologhi normali. E' stato possibile evidenziare la presenza del gene di fusione mediante RT-PCR e tale dato è stato confermato dai seguenti esperimenti di FISH.
E' stata fatta una coibridazione utilizzando le sonde specifiche di ABL, 835J22 e 1132H12 (marcate con biotina-avidina-Cy3 in rosso), e di BCR, 72M14 (marcata con Fluor-X in verde), che ci hanno permesso di evidenziare su metafasi di cellule di midollo osseo rispettivamente con segnali rossi il cromosoma 9 normale, il der(9) ed il der(22), e con i segnali verdi il cromosoma 22 normale ed il der(22). Dal momento che non è possibile distinguere i due cromosomi 9 dalla morfologia, il der(9) è stato individuato in maniera empirica in quanto mostra un segnale di intensità minore rispetto a quello del 9 normale (Fig. 17a).
Un esperimento di coibridazione usando le libraries totali del cromosoma 9 e del cromosoma 22, ci ha permesso di escludere la presenza della traslocazione reciproca fra il 9 e il 22 che comporta la formazione del cromosoma Ph. Per definire in maniera più precisa questo insolito riarrangiamento, è stato fatto un altro esperimento di coibridazione utilizzando lo YAC 758F1 marcato in rosso, ed il pool di sonde specifiche per ABL (835J22 e 1132H12) marcate in verde. poichÈ lo YAC mappa nella regione 9q34 distale rispetto al gene ABL, dovrebbe essere traslocato sul der(22) nel caso in cui si verificasse il passaggio dell'estremità telomerica del 9q sul der(22). Invece, i due segnali rossi sono localizzati esclusivamente sul 9 e sul der(9), mentre i segnali verdi evidenziano il passaggio di una parte di ABL all'interno del der(22) (Fig. 17b). Altri due esperimenti di coibridazione sono stati fatti usando come sonde i BAC bk799F10 e bk322B1, localizzati vicino all'estremità telomerica di BCR, marcati in rosso, ed il pool di sonde specifiche per ABL (835J22 e 1132H12) marcate in verde. Tali esperimenti ci hanno permesso di escludere la traslocazione reciproca tra il cromosoma 9 ed il cromosoma 22 perchè non si evidenziano segnali rossi sul der(9) (Fig. 18).

Fig. 17 a) Coibridazione del pool di PAC 1132H12+835J22 con il BAC 72M14 su metafase di paziente affetto da CML; b) Coibridazione del pool di PAC 1132H12+835J22 con lo YAC 758F1 su metafase di paziente affetto da CML.

Fig. 18 a) Coibridazione del pool di PAC 835J22+1132H12 con il BAC bk799F10 su metafase di paziente affetto da CML; b) Coibridazione del pool di PAC 835J22+1132H12 con il BAC bk322B1 su metafase di paziente affetto da CML.

2.9 APPLICAZIONE ALL'ANALISI DI CASI DI NHL CON t(14;18)(q32;q21)

E' stato possibile realizzare degli esperimenti di FISH su metafasi e nuclei di pazienti affetti da una forma di linfoma non Hodgkin causata dalla traslocazione t(14;18), usando il PAC 998D24 ed il BAC 248E24, marcati rispettivamente in rosso e in verde. Sulle metafasi si osservano i segnali rossi sul cromosoma 14 normale e sul der(14), mentre i segnali verdi ci permettono di individuare il cromosoma 18 normale, il der(18) e la regione del 18 che è stata traslocata sul 14. L'utilità di queste due sonde è ancora più evidente nell'analisi dei nuclei interfasici in cui si osservano due segnali rossi e tre verdi. Questi ultimi sono dovuti, come si evidenzia anche nella metafase, allo splitting della sonda 248E24 che è specifica per una regione del gene BCL2 in cui si trova il punto di rottura della traslocazione. La colocalizzazione di un segnale rosso con un segnale verde ci permette di evidenziare il der(14) in cui si verifica la giustapposizione di parte del gene IGH con parte del gene BCL2 (Fig. 19).

Fig. 19 Coibridazione del BAC 248E24 con il PAC 998D24 su metafase e nuclei di paziente affetto da NHL con t(14;18).

2.10 APPLICAZIONE ALL'ANALISI DI CASI DI NHL CON t(8;14)(q24;q32)

E' stata effettuata una coibridazione del PAC 968N11, marcato in rosso, identificato attraverso gli screenings con la coppia di primers interna al gene cMYC, con il PAC 998D24 specifico per il gene IGH localizzato sul cromosoma 14. Il risultato di questa coibridazione su metafase di paziente affetto da una forma di NHL con t(8;14) è stato quello di riuscire ad evidenziare, mediante i segnali rossi, il cromosoma 8 normale, il der(8) e il der(14) su cui si trova la porzione di cMYC traslocata dall'8. Questo si verifica perchè la sonda 968N11 riconosce una porzione di cMYC all'interno della quale è situato il punto di rottura della t(8;14). Invece, in verde è stato possibile evidenziare solo il cromosoma 14 normale, in quanto sul der(14) si è verificata una delezione della regione riconosciuta dalla sonda 998D24 (Fig. 20).

Fig. 20. Coibridazione del PAC 968N11 con il PAC 998D24 su metafase di paziente affetto da NHL con t(8;14).

2.11 APPLICAZIONE ALL'ANALISI DI CASI DI AML CON inv(16)(p13;q22)

La sonda 1114H15 specifica per il gene MYH11 (16p13), trovata facendo gli screenings con la PCR, insieme ad un pool di sonde (559N16+20A14+28F4) specifiche per il gene CBFB (16q22), donateci dal Dr. Peter Marynen, ci hanno permesso di evidenziare l'inversione pericentrica del cromosoma 16 tipica di alcune forme di AML. E' stata fatta una coibridazione su un preparato metafasico di un paziente affetto da AML, marcando in rosso il PAC 1114H15 ed in verde il pool di PAC specifici per il gene CBFB, ed è stato possibile osservare sul cromosoma 16 normale un segnale rosso sul braccio p ed uno verde sul braccio q, mentre sul cromosoma 16 con l'inversione pericentrica è stato possibile individuare due segnali rossi e due segnali verdi adiacenti. Ciò è dovuto al fatto che sia il PAC 1114H15 che il pool di sonde specifiche per CBFB riconoscono le due regioni, rispettivamente del 16p e del 16q, in cui sono situati i punti di rottura dell'inversione, solo che le porzioni delle sonde che restano sul braccio originario sono più piccole delle porzioni delle sonde che vengono a trovarsi sul braccio opposto. Pertanto sul 16p si osserva un segnale rosso più debole ed un segnale verde più intenso e viceversa sul 16q (Fig. 21).

Fig. 21 Coibridazione del pool di PAC 559N16+20A14+28F4 con il PAC 1114C15 su metafase di paziente affetto da AML M4Eo.

2.12 APPLICAZIONE ALL'ANALISI DI CASI COMPLESSI

E' stato possibile analizzare, attraverso l'uso di sonde diverse, casi più complessi di pazienti con forme di leucemie e linfomi in cui si verificano riarrangiamenti multipli del cariotipo. Un caso estremamente interessante è quello di un paziente, affetto da una AML di tipo M0, in cui si è verificata una traslocazione che coinvolge tre cromosomi. Un esperimento di coibridazione su preparati metafasici di midollo osseo, usando come sonde la library totale del cromosoma 8 (marcata in rosso) e la library totale del cromosoma 14 (marcata in verde), ha confermato il coinvolgimento dei cromosomi 8 e 14 nella traslocazione (Fig. 22).
Il riarrangiamento si è rivelato più complesso di quanto ci si aspettava dopo una analisi con tecniche standard, in quanto il der(8) non è il prodotto della traslocazione reciproca t(8;14) poichè la sua regione distale non e' traslocata sul cromosoma 14. D'altra parte il der(14) è coinvolto in una traslocazione t(8;14) poichè la sua estremità telomerica è accesa dalla library specifica per il cromosoma 8, mentre la porzione telomerica del 14 è traslocata su un altro cromosoma che sembra appartenere al gruppo D.

Fig. 22 Coibridazione della library totale del cromosoma 8 con la library totale del cromosoma 14 su metafase di paziente affetto da AML M0.

Ulteriori esperimenti di FISH usando la library totale del cromosoma 15, hanno escluso il coinvolgimento di questo cromosoma nel riarrangiamento. Un successivo esperimento di coibridazione, usando le libraries totali del cromosoma 8 e del cromosoma 13 ha mostrato che quest'ultima accende l'estremità telomerica del der(8). Il punto di rottura della traslocazione sul cromosoma 13 è molto vicino al centromero cosicché il der(13) appare come un piccolo cromosoma acrocentrico (Fig. 23a).
Un ulteriore esperimento di coibridazione, effettuato usando la library totale del cromosoma 14 ed un pool di YAC specifici per la regione q12q13 del cromosoma 13, mostra che i telomeri del der(13) appartengono al cromosoma 14 e che il punto di rottura nel 13 è situato all'interno della regione 13q12-13q13 (Fig. 23b e 24).

Fig. 23 a) Coibridazione della library totale del cromosoma 8 con la library totale del cromosoma 13 su metafase di paziente affetto da AML M0; b) Coibridazione della library totale del cromosoma 14 con un pool di YAC della regione 13q12-13 su metafase di paziente affetto da AML M0.

Fig. 24 Schema riassuntivo delle diverse traslocazioni che coinvolgono i cromosomi 8, 13 e 14.

2.13 CONCLUSIONI

Il limite maggiore dell'analisi cariotipica dei pazienti con emopatie maligne è l'assoluta necessità di metafasi nei campioni di cellule esaminati, spesso difficili da ottenere nei pazienti sottoposti a terapia. L'ibridazione in situ fluorescente (FISH) rappresenta un metodo sensibile e quantitativo nello stesso tempo, perchè permette di evidenziare anomalie cromosomiche, non solo in metafase, ma anche nei nuclei in interfase (Yanagi et al., 1999). Per realizzare ciò è necessario avere a disposizione sonde in grado di evidenziare l'anomalia cromosomica che caratterizza un dato clone di cellule e lo screening mediante PCR di libraries di PAC o BAC, rappresenta una strategia efficace per trovare tali sonde.
Questa strategia mostra una serie di applicazioni a largo spettro perchè può essere utilizzata per la ricerca di sonde non solo per le emopatie maligne, ma anche per molte altre malattie caratterizzate da aberrazioni del cariotipo. Infatti, nel nostro laboratorio abbiamo individuato il PAC 1004H15 che ci permette di evidenziare nei nuclei in interfase la presenza della duplicazione genomica che provoca la sindrome di Charcot-Marie-Tooth (CMT), una neuropatia periferica degli arti inferiori in cui nella quasi totalità dei casi sia ha la duplicazione di un frammento di 1.5 Mb appartenente al cromosoma 17; ed i PAC1053F10 e 891P24 che ci permettono di evidenziare il gene responsabile dell'atassia telangectasia (ATM) situato sul cromosoma 11, la cui forma mutata genera una instabilità genomica che precede l'insorgenza di tumori. Infine, abbiamo applicato la stessa strategia per ricercare delle sonde in grado di riconoscere i cromosomi di topo, scegliendo dei primers opportuni con cui abbiamo effettuato gli screenings su libraries di PAC di topo (RPCI-21). Questo ci ha permesso di individuare almeno un PAC specifico per ciascuno dei cromosomi di topo, e ciò facilita enormemente l'identificazione dei cromosomi di topo che hanno una morfologia molto simile fra loro.

3. MATERIALI E METODI

3.1 MINIPREP PER YAC

Attraverso l'uso di questa tecnica, e' possibile estrarre inserti genomici clonati in vettori YAC (yeast artificial chromosome). I lieviti vengono fatti crescere, per due giorni a 30°C, in 10 ml di brodo di coltura YPD avente la seguente composizione:
1% estratto di lievito;
2% peptone;
2% destrosio;
antibiotico alla concentrazione opportuna (per YACs ampicillina resistenti si usa la concentrazione di 0.1 mg/ml).
Si centrifuga la sospensione cellulare per 5 minuti a 3500rpm e si scarta il sovranatante. Il pellet si risospende in 1ml di 1M sorbitolo-0.1M EDTA (pH = 7.5). La sospensione ottenuta si trasferisce in eppendorf e ad essa si aggiungono 14µl di lyticase (10.000 U/ml). Si incuba a 37C per 30 minuti, dopo di che si centrifuga a 14.000rpm per 1 minuto. Si scarta il sovranatante e il pellet viene risospeso in 1ml di 50mM Tris-HCl (pH = 7.4)-20mM EDTA. Ad esso si aggiungono 100µl di SDS 10%; si mescola bene e si incuba a 65C per 30 minuti. Dopo questa fase si aggiungono 0.4ml di 5M KAc e si incuba in ghiaccio per un'ora. Dopo, si centrifuga per 5 minuti a 14.000rpm e il sovranatante viene trasferito in una eppendorf nuova e viene centrifugato una seconda volta per 5 minuti a 14.000rpm. Quindi, il sovranatante viene suddiviso in due eppendorf nuove e in ciascuna di esse viene aggiunto un volume di isopropanolo a temperatura ambiente. Si mescola e si lascia a temperatura ambiente per 5 minuti. Si centrifuga per 10 secondi, si scarta il sovranatante e si lascia asciugare il pellet che viene poi risospeso in 0.3 ml di TE (pH=7.4). Si aggiungono 3µl di RNAasi A 10 mg/ml. Si incuba il tutto a 37C per 1 ora. Dopo questa fase si aggiungono 360µl di 88%isopropanolo-0.2M KAcetato, si mescola e si lascia a temperatura ambiente per 15 minuti. Si centrifuga per 5 minuti a 14.000rpm e si scarta il sovranatante, si lava il pellet con 300µl di etanolo al 70% e si centrifuga per 1 minuto a 14.000rpm. Si elimina il sovranatante ed il pellet viene prima asciugato e poi sciolto in 100µl di TE1x (pH = 7.4).
Per controllare la concentrazione, infine, si carica 1 µl di estratto su gel di agarosio insieme ad un marker di peso molecolare noto (lHind).

3.2 MINIPREP PER PAC E BAC

Si mettono a crescere i batteri per un giorno a 37°C, in 10ml di brodo LB avente la seguente composizione:
0.05gr di bacto yeast extract
0.1gr di bacto triptone
0.1gr di NaCl
10ml di acqua bidistillata
antibiotico (25mg/ml di kanamicina per i PAC o 20mg/ml di cloramfenicolo per i BAC)
Si centrifuga la sospensione cellulare per 7 minuti a 4000rpm e poi si elimina il sovranatante. Si aggiungono 300ml di glucosio 50mM-Tris 25mM-EDTA 10mM e si risospende il pellet in questa soluzione. Quindi, si trasferisce la sospensione cellulare in eppendorf da 2.2ml e si aggiungono 600ml della soluzione fresca 1%SDS-0.2M NaOH. Si mescola invertendo diverse volte per circa di 5 minuti, finché il lisato non appare viscoso. Si aggiungono 500ml di ammonio acetato 7.5M e si mescola immediatamente invertendo le eppendorf diverse volte. Si lasciano in ghiaccio per 10 minuti e si continuano ad invertire i tubi durante l'incubazione. Quindi, si centrifuga a 13.000rpm per 20 minuti e si trasferisce il sovranatante in eppendorf da 2.2ml nuove. Il sovranatante è spesso poco pulito ed è necessario centrifugare una seconda volta a 13.000rpm per 10 minuti. Si suddivide il sovranatante in due eppendorf nuove da 1.5ml e si aggiungono 350ml di isopropanolo in ciascuna. Si mescola invertendo diverse volte e, poi, si centrifuga per 20 minuti a 13.000rpm. Si elimina il sovranatante e si lava il pellet con 500ml di etanolo al 70% centrifugando per 5 minuti a 13.000rpm. Si elimina il sovranatante e si risospende il pellet in 100ml di TE1x. Si riuniscono le due eppendorf in una e si incuba a 37°C per 1 ora con 2 ml di RNAasi 10mg/ml. Poi si precipita il DNA con 20ml di sodio acetato 3M e 660ml di etanolo assoluto lasciando le eppendorf per 20 minuti a -20°C. Si centrifuga per 15 minuti a 14.000rpm, si scarta il sovranatante e si lava il pellet con 500ml di etanolo al 70%, centrifugando nuovamente per 2 minuti a 14.000rpm. Infine, si scioglie il pellet in 70ml di TE1x e, poi, si controlla la concentrazione caricando 1ml di estratto su gel di agarosio insieme ad un marker di peso molecolare noto (lHind).

3.3 MINIPREP PER PLASMIDI

Per estrarre il DNA alfoide, specifico per i diversi cromosomi umani, clonato in vettori plasmidici, e' stato utilizzato il kit PLASMID MINIPREP della Bio-rad. I diversi reagenti sono stati aggiunti nelle quantità indicate nel protocollo associato al kit.

3.4 GEL ELETTROFORESI

Questa tecnica e' utilizzata per valutare la concentrazione dei diversi DNA estratti, i prodotti di amplificazione della PCR e quelli della marcatura per nick translation.
A tale scopo il DNA e' posto nei pozzetti di un gel orizzontale di agarosio collocato in un opportuno tampone (TBE 1x). Alle due estremità della vasca elettroforetica sono inseriti due elettrodi collegati ad un generatore di corrente. La corrente applicata permetterà la separazione dei frammenti di DNA in base alla differenza di lunghezza e quindi di peso molecolare (tenuto conto che la velocità di migrazione e' inversamente proporzionale al logaritmo decimale del peso molecolare); essendo il DNA carico negativamente migrerà verso il polo positivo. La differenza di potenziale applicata agli elettrodi e' di 100 Volt.

3.5 MARKERS DI PESI MOLECOLARI

Accanto ai campioni di DNA caricati su gel di agarosio si pone un marker di peso molecolare noto per poter individuare e risalire al peso molecolare dei diversi frammenti di DNA, nonché determinarne la concentrazione. Quello utilizzato in questo caso è lHind. Si tratta del fago lambda con un genoma di circa 50 Kb. La sua digestione con l'enzima di restrizione Hind III genera otto frammenti con lunghezza che varia da 23.13 Kb a 125 pb. I frammenti di digestione sono di DNA a doppia elica.
Invece, accanto ai prodotti di amplificazione della PCR ed alle marcature per nick translation, si pone un marker per individuare le dimensioni dei frammenti genomici amplificati o marcati. Quello più frequentemente utilizzato è il marker pCMVb. Esso è un plasmide di dimensioni pari a 4200pb. La sua digestione con l'enzima HindIII genera 9 frammenti con lunghezza che varia da 970pb a 155pb.

3.6 GEL DI AGAROSIO

L'agarosio e' un polimero di D-galattosio e 3.6 anidro-L-galattosio. Viene sciolto in TBE 1x (TRIS Base, Na2-EDTA, acido borico) ad opportune percentuali, si aggiunge etidio bromuro (5 µl in 100 ml), che si intercala nella doppia elica del DNA rendendolo visibile dopo esposizione del gel a raggi UV, e si lascia solidificare dopo aver posto ad una estremità un pettine per la formazione dei pozzetti (in cui verrà caricato il DNA).
Il gel da noi utilizzato e' ad una concentrazione di agarosio dello 1-1.5% in peso. Questa percentuale di agarosio permette una buona separazione dei frammenti sia di alto che di basso peso molecolare.

3.7 ALU-PCR

Questa tecnica, che e' un'applicazione della PCR (Polymerase Chain Reaction), permette l'amplificazione, attraverso cicli di denaturazione-appaiamento dei primers-polimerizzazione, di sequenze genomiche umane presenti in ibridi cellulari uomo-topo, uomo-hamster e in inserti di YAC.
Le sequenze Alu hanno, infatti, dimensioni di circa 200-300 pb e si trovano intersperse nel genoma umano ogni 5 kb. Si tratta di sequenze esclusive dell'uomo, anche se sequenze simili si trovano anche nel topo: per questo motivo la Alu-PCR applicata ad ibridi cellulari permette di amplificare solo la componente cromosomica umana e di utilizzarla come sonda, previa marcatura, per ibridazione in situ fluorescente. Inoltre la Alu-PCR applicata agli YAC, consente di incrementare l'efficienza dell'ibridazione in situ, in quanto amplifica, e quindi aumenta, la concentrazione, degli inserti stessi.
I primers usati (Alu 1 e Alu 2) corrispondono a regioni conservate delle sequenze Alu:
Alu 1: 5'GGATTACAGG (C/T)(A/G)TGAGCCA 3'
Alu 2: 5'(A/G)CCA(C/T)TGCACTCCAGCCTG 3'
Si mettono in una eppendorf da PCR:
100ng di DNA;
3µl di MgCl2 (sol. madre 25 mM; c.f. 1.5 mM);
5µl di Buffer 10x;
5µl di dNTPs 10x (sol. madre 200 µM);
0.5µl di ciascun primer (sol. madre 100 mol/µl; c.f. 1 µM);
0.2µl di Taq-polimerasi (5 U/µl; c.f. 1 U/50µl);
acqua fino ad un volume di 50ml.
Si inserisce l'eppendorf nell'apparecchio per PCR. Si fanno partire i seguenti cicli:
1) denaturazione iniziale a 94C per 3 minuti;
2) denaturazione a 4C per 1 minuto;
3) annealing a 65C per 1 minuto
4) polimerizzazione a 72C per 3 minuti;
5) i passaggi 2-3-4 vengono ripetuti per 30 volte;
6) polimerizzazione finale a72C per 10 minuti.
Al termine, 5 µl di amplificato vengono caricati su gel insieme al marker lHind per il controllo della concentrazione.

3.8 PCR PER GLI SCREENINGS

Si mettono in una eppendorf da 0.2ml:
10ml di DNA concentrato 2ng/ml;
2ml di Buffer (sol. madre 10x; c.f. 1x);
2ml di dNTPs (sol. madre 2mM; c.f. 0.2mM);
0.6ml di MgCl2 (sol. madre 50mM; c.f. 1.5mM);
0.1ml di ciascun primer (sol. madre 100mM; c.f. 0.5mM);
0.12ml di Taq polimerasi Platinum (5U/ml; c.f. 0.03U/ml);
acqua fino ad un volume di 20ml.
Si inserisce l'eppendorf nell'apparecchio per PCR. Si fanno partire i seguenti cicli:
1) denaturazione iniziale a 94C per 10 minuti;
2) denaturazione a 94C per 30 secondi;
3) annealing alla temperatura appropriata per ciascuna coppia
di primers per 30 secondi;
4) polimerizzazione a 72C per 30 secondi;
5) i passaggi 2-3-4 vengono ripetuti per 34 volte;
6) polimerizzazione finale a 72C per 5 minuti.
Al termine, 20µl di amplificato vengono caricati su gel insieme al marker pCMVb per verificare la presenza di positivi.

3.9 IBRIDAZIONE IN SITU NON RADIOATTIVA

Questa tecnica consente la mappatura fisica di frammenti di DNA, marcati in modo non radioattivo, usati come sonde da ibridare su metafasi e nuclei.

Marcatura indiretta per nick translation con biotina
Si marcano 1 µg di DNA. Si aggiungono:
5 ml di Buffer 10x (0.5M Tris-HCl pH 7.8-8, 50mM MgCl2 , 0.5 mg/ml BSA);
5µl di nucleotidi stock (0.2mM dTTP, 0.2mM dGTP, 0.2mM dCTP);
2.5µl di 0.2mM bio-dATP/0.2mM dATP;
5µl di 0.1M b-Mercaptoetanolo;
0.5µl di DNA polimerasi: (10U/µl);
10µl di DNasiI (2U/µl): diluire 1 µl in 1ml di H20 al momento.
Aggiungere H20 fino ad un volume finale di 50µl. La purezza del DNA e' molto importante per la buona riuscita della marcatura. La DNAasi va dosata in modo da avere frammenti di circa 2-300 bp. Il DNA così marcato si pone a 15C per 2 ore, poi, si aggiungono 4µl di EDTA 0.5M (per bloccare l'azione endonucleasica della DNAasi).

Marcatura diretta per nick translation con Fluor-X
Per 1mg di DNA, si aggiungono:
5 ml di Buffer 10x (0.5M Tris-HCl pH 7.8-8, 50mM MgCl2 , 0.5 mg/ml BSA)
5µl di 0.1M b-Mercaptoetanolo
3ml di nucleotidi stock (0.2mM dATP, 0.2mM dGTP, 0.2mM dTTP)
1.5ml di FluorX-dCTP
0.5ml di DNA polimerasi (10 U/ml)
10ml di DNAasi (2 U/ml): diluire 1ml in 1 ml di acqua al momento
acqua fino ad un volume di 50 ml
Si incuba per due ore a 15C, poi si aggiungono 4ml di EDTA 0.5M.

Marcatura diretta per nick translation con Cy3
Per 1mg di DNA, si aggiungono:
5 ml di Buffer 10x (0.5M Tris-HCl pH 7.8-8, 50mM MgCl2 , 0.5 mg/ml BSA)
5µl di 0.1M b-Mercaptoetanolo
1ml di nucleotidi stock (0.2mM dGTP, 0.2mM dCTP, 0.2mM dATP)
0.5ml di Cy3-dUTP
0.5ml di DNA polimerasi (10 U/ml)
10ml di DNAasi (2 U/ml): diluire 1ml in 1 ml di acqua al momento
acqua fino ad un volume di 50 ml
Si incuba per due ore a 15C, poi si aggiungono 4ml di EDTA 0.5M.

Precipitazione della sonda
Si prende la quantità appropriata di sonda (nel caso di sonde alfoidi si precipitano circa 50ng; nel caso di YAC, PAC e BAC si precipitano circa 500ng; nel caso di libraries totali e parziali si precipitano circa 600ng). Si aggiungono 3mg di SSD (salmon sperm DNA) concentrato 1mg/ml; una quantità appropriata di Cot1 concentrato 1mg/ml; 1/10 di volume di NaAc 3M; 3 volumi di etanolo assoluto. Si pone la eppendorf per 15 minuti a -800C, si centrifuga per 15 minuti a 14.000rpm, si scarta il sovranatante e si asciuga il pellet in Savant.

Allestimento di preparati metafasici
Si puliscono i vetrini con fissativo, quindi si prendono le cellule (fondello) conservate in fissativo (3:1 = metanolo : acido acetico) alla temperatura di -200C. Si lava il fondello con fissativo fresco (preparato al momento) per 2-3 volte, centrifugandolo per 7min a 1500rpm. Dopo l'ultimo lavaggio si svuota il sovranatante e si aggiunge un po' di fissativo nuovo in modo da ottenere una sospensione torbida. Quindi si fanno cadere sul vetrino, bagnato di fissativo, 1-2 gocce della sospensione, si inclina il vetrino per far aprire le gocce e si lascia asciugare. I vetrini si lasciano una notte a 37°C e poi a temperatura ambiente per 5-6 giorni prima di utilizzarli.

Invecchiamento rapido dei vetrini
Stendere i vetrini, tenerli per una notte a 37°C, quindi per 1 ora in fissativo (3:1 = metanolo : ac. acetico ). Si lascia asciugare, prima di disidratare in etanolo al 70% (2 volte ), al 90% (2 volte ), al 100%. Asciugare per una notte a 42°C (su piastra), fissare in acetone per 10min e asciugare all'aria.

Denaturazione dei vetrini
Si disidratano i vetrini in alcool al 70%, 90%, 100% (3 minuti in ognuno) e si lasciano asciugare. Si preriscaldano su un termoblock a 65C circa e successivamente, si denaturano ponendo su ciascun vetrino 200 µl di una soluzione di 70% formamide deionizzata-2x SSC (per 200ml: 140ml di formamide, 20ml di 20x SSC, 40ml di H2O) ad 800C per 2 minuti. Poi i vetrini si passano per 3 minuti in ciascun alcool freddo (-20C) della serie 70%, 90%, 100% e si lasciano asciugare a temperatura ambiente.

Ibridazione
Vanno aggiunti alla eppendorf che contiene la sonda precipitata, 10µl (per vetrino) di mix di ibridazione con la seguente composizione:
5 µl formamide deionizzata (c.f. 50%);
2 µl dextran-solfato 50% in H2O (autoclavato);
2 µl H2O
1 µl 20xSSC
Si denatura la mix a 80C per 8 minuti in bagnomaria. Se si usa il Cot-1 si pone successivamente la eppendorf a 37C per 20 minuti (preannealing).Quindi, viene posta per pochi minuti in ghiaccio prima di metterla sul vetrino; si copre con coprioggetto 24x24, si sigilla con Rubber Cement e si pone il vetrino in un vassoio umidificato con H2O. Si incuba ON a 37C.

Risciacqui
Per i risciacqui ad alta stringenza si pone il vetrino 3 volte per 5 minuti, in una soluzione 0.1xSSC a 60C.

Bloccaggio
Si pongono sul vetrino 200 µl di una soluzione di bloccaggio (3%BSA/4xSSC/0.1%Tween 20) e, quindi, lo si pone a 37C per 30 minuti .

Detection
Si pongono sul vetrino 200 µl di una soluzione di detection (4xSSC/1%BSA/0.1Tween 20) in cui sono stati diluiti 1:300 i fluorocromi: avidina-FITC o avidina-Cy3, per le marcature in biotina. Si incuba a 37C per 30 minuti.

Risciacqui
Si pone il vetrino per 5 minuti per 3 volte a 42C in una soluzione 4xSSC/0.1 Tween 20 (al buio).

Colorazione con DAPI
Si colora il vetrino per 5 minuti in una soluzione di DAPI in 2xSSC. Quindi si monta, ponendo sul vetrino 30 µl circa di ANTIFADE (quantità per 10 ml: 0.233 g DABCO, 800 µl H20, 200 µl 1M Tris-HCl, 9 ml glicerolo) e lo si conserva a +4C al buio.

Osservazione dei vetrini
L'analisi delle immagini di ibridazione in situ e' stata fatta collegando il microscopio a fluorescenza con un apparecchio molto sofisticato denominato C.C.D. (Charge Couple Device) Camera. Esso e' un rivelatore del segnale luminoso con sensibilità molto elevata (dell'ordine di 50000 Asa) ed e', quindi, capace di rilevare anche deboli segnali luminosi, altrimenti difficilmente osservabili. Questo strumento viene collegato all'uscita fotografica del microscopio. Le immagini digitalizzate vengono trasmesse ad un computer grafico provvisto di un monitor ad altissima risoluzione. Dal momento che i cromosomi e le sonde sono evidenziati con tre fluorocromi diversi, per osservare ognuno di questi segnali e' necessario usare un filtro appropriato. Ognuna delle tre immagini e' registrata singolarmente dal computer, in scala di grigie e, in un secondo momento, e' possibile poi sovrapporle per avere una visione unitaria dell'ibridazione. Con il software grafico di cui disponiamo e' stato, inoltre, possibile migliorare la qualità delle immagini, andando ad operare sul contrasto dell'immagine e sulla scelta dei colori che sono, infatti, pseudocolori.

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INDICE

1. INTRODUZIONE

1.1 Proliferazione cellulare e neoplasie pag.
1.2 La pista citogenetica: cromosomi e tumori pag.
1.3 Elementi figurati del sangue pag.
1.4 Le emopatie maligne pag.
1.5 Sindromi mieloproliferative croniche pag.
1.6 Sindromo mielodisplastiche pag.
1.7 Leucemie mieloidi acute pag.
1.7.1 Traslocazione t(15;17)(q22;q21) pag.
1.7.2 Inversione inv(16)(p13;q22) e traslocazione
t(16;16)(p13;q22) pag.
1.8 Disordini linfoproliferativi pag.
1.9 Linfomo non Hodgkin pag.
1.9.1 Traslocazione t(14;18)(q32;q21) pag.
1.9.2 Traslocazione t (8;14)(q24;q32) pag.
1.10 Leucemie linfoblastiche acute pag.

2. PARTE SPERIMENTALE

2.1 Scopo della ricerca pag.
2.2 Screenings di libraries di PAC e BAC pag.
2.3 Primers pag.
2.4 Risultati pag.
2.5 YAC pag.
2.6 Painting libraries cromosomiche e subcromosomiche pag.
2.7 Sonde alfoidi pag.
2.8 Applicazione all'analisi di casi di CML pag.
2.9 Applicazione all'analisi di casi di NHL con t(14;18)
(q32;q21) pag.
2.10 Applicazione all'analisi di casi di AML con inv(16)
(q13;p22) pag.
2.11 Applicazione all'analisi di casi complessi pag.
2.12 Conclusioni pag.

 

3. MATERIALI E METODI

3.1 Miniprep per YAC pag.
3.2 Miniprep per PAC e BAC pag.
3.3 Miniprep per plasmidi pag.
3.4 Gel elettroforesi pag.
3.5 Markers di pesi molecolari pag.
3.6 Gel di agarosio pag.
3.7 Alu-PCR pag.
3.8 PCR per gli screenings pag.
3.9 Ibridazione in situ non radioattiva pag.

4. BIBLIOGRAFIA pag.